No info su No other land
Finalmente la Rai, la TV PUBBLICA ITALIANA, è riuscita a mandare in onda No other land.
Non ce l’ha proprio fatta prima del 13 novembre 2025: in programmazione su Rai3 per due volte (7 e 21 ottobre) non è stato messo in onda, senza alcuna comunicazione a chi lo aspettava. È arrivata soltanto il 22 da Adriano De Maio, direttore della sezione Cinema e serie tv della Rai, che si occupa della messa in onda di film e documentari:
La prevista collocazione di “No other land” il 21 ottobre non era in sintonia con il clima di speranza per la pace che poi è stata firmata. I contenuti del film avrebbero rischiato strumentalizzazioni, con l’alzarsi del livello delle manifestazioni di piazza anche violente. Ho chiesto di rinviare la collocazione per trasmetterlo in un clima più stabile e disteso perché possa essere apprezzato per la storia di amicizia tra due popoli che possono vivere in pace.
(Adriano De Maio)
Come se la pace nel mondo dipenda dal palinsesto Rai! È colpa dei facinorosi che scendono in piazza, se ai telespettatori viene negata la possibilità di sapere che i coloni israeliani occupano brutalmente territori, rendendo sempre più difficile la creazione di uno stato di Palestina.
La riprogrammazione era prevista per il 15 novembre, anziché il 13, probabilmente sperando che chi volesse vedere No other land, con la nuova data sbagliata, lo perdesse. Ma, per fortuna c’è Blob di cui io non perdo una puntata e così mi sono goduta il documentario. Persino Blob, che propone la marea del cattivo gusto che domina nella televisione italiana, è stato censurato ultimamente in Rai, drasticamente ridotto a soli 15 minuti di puntata, mica è la Vita in diretta che da anni ogni pomeriggio ci racconta sempre le stesse novità – che, quindi, per etimo di «nuovo» non ci aggiorna proprio su niente. Blob, invece, si è sempre permesso di informare il suo pubblico con la massima libertà e sempre puntualmente, mandando un flusso di video verità che colgono sul momento quanto sta accadendo nel mondo, soltanto per mezzo del montaggio facendone una magistrale ironia e cronaca senza bisogno di commenti di opinionisti onnipresenti onninutili né di giornalisti ignavi o non messi nelle condizioni di poter informare sulla verità dei fatti.
La «colpa» di Blob è stata proprio che ha mostrato in continuazione e in tempi di gran lunga precedenti ai programmi cosiddetti «di informazione» il genocidio messo in atto a Gaza dai palestinesi, prendendoli da canali non ufficiali, come i social che io stessa mai avrei immaginato avessero qualche utilità – all’infuori di ricordarmi i compleanni – e invece sono riusciti anche a ingannare l’algoritmo che tentava e tenta tuttora di non trascrivere in maniera corretta parole chiave con caratteri alfanumerici. Le dirette della Global Flotilla, le manifestazioni all’urlo di Palestina libera, Ghali che sul palco di Sanremo viene rimproverato per aver scoperchiato il vaso di Pandora con la faccia tosta di ribadire il suo smascheramento del genocidio del popolo palestinese all’ambasciatore israeliano in Italia Alon Bar e a una Mara Venier ignava che per poco non sviene, quando non riesce a zittirlo parlandogli sopra con banalità e che verrà redarguita anche lei per non aver messo a tacere il cantante tunisino.
Insomma, del genocidio del popolo palestinese da parte di quello israeliano non si doveva né deve parlare e chi lo fa verrà punito.
Ecco perché No other land emblema di tutto quanto detto sopra non doveva essere messo in onda.
No Other Land documentala vita della comunità palestinese di Masafer Yatta in Cisgiordania, continuamente minacciata da demolizioni e sgomberi dall’esercito israeliano. È opera del collettivo israelo-palestinese formato da Basel Adra, Yuval Abraham, Rachel Szor e Hamdan Ballal, recentemente rapito e picchiato, fortunatamente liberato. Il suo caso ha acceso ancora una volta i riflettori su una realtà drammatica che colpisce ogni giorno attivisti, civili e operatori dell’informazione. Yuval Abraham è un giornalista israeliano di Be’er Sheva che, insieme ad altri suoi compatrioti, aiuta Basel Adra e altri attivisti palestinesi a opporsi alla distruzione del loro villaggio natale di Masafer Yatta, situato nel governatorato di Hebron in Cisgiordania, riprendendo le demolizioni delle forze di difesa israeliane (IDF) e le manifestazioni degli abitanti espropriati di ogni bene. Yuval viene accolto, non senza imbarazzo, dagli abitanti del villaggio, con i quali ha modo di discutere della situazione politica. Tuttavia, il film nascerà proprio dall’amicizia dei due, che lascia auspicare quella tra i due popoli: “Yuval e Rachel, che sono israeliani, sono venuti cinque anni fa per scrivere della situazione, perché Yuval è un giornalista. Ci siamo conosciuti e siamo diventati amici, ma anche attivisti insieme. E abbiamo avuto l’idea di fare questo, di creare questo film”, racconta Basel.
No other land è emblema del genocidio del popolo palestinese messo in atto da quello palestinese ben prima dell’8 ottobre 2023 – come si vede con orrore nel film – della forza del cinema verità per documentare in tempo reale fatti così atroci da non dover essere fatti emergere. Del giornalismo d’inchiesta che va perseguitato, basti pensare a cosa stanno facendo a Sigfrido Ranucci nell’Italia del XXI secolo.
È anche emblema che persino tanti israeliani inorridiscono del genocidio messo in atto dal loro governo.
P.s. per De Maio: Israele ha violato il cessate il fuoco a Gaza per ben 393 volte da quando è entrato in vigore l’accordo di pace voluto dal MAI premio Nobel Donald Trump e ha ucciso almeno 279 palestinesi e ne ha feriti più di 652.
Il 19 novembre, Israele ha attaccato ancora una volta, togliendo la vita ad almeno altre 27 persone, tra cui 17 bambini e donne.
Per contrastare la censura e continuare a informarsi di quanto sta accadendo al popolo palestinese, No other land è disponibile su Raiplay.

