Frances Ha: avere o non avere, questo è il problema
Frances Ha è la storia di una ventisettenne ballerina che nel primo decennio del 2000, come tanti suoi coetanei, non ha.
Frances non ha un fidanzato e non può godere nemmeno più della compagnia della sua migliore amica che invece ha tutto. E non ha neppure altri amici. Non ha un aspetto che si confà alla sua giovane età, e non gode nemmeno di una pellicola a colori che la ritragga. Non ha un lavoro, quindi nemmeno una casa. Non ha un soldo in banca. Frances fa la ballerina, ma non ha grazia. E non ha interesse alcuno. Non ha fidanzabilità, né tempismo. Non deve tenere le calze a letto perché non lo rifà mai.
C’è soltanto una cosa che Frances Ha ha: un cognome lunghissimo.
L’ex musa del cinema mumblecore Greta Gerwig corre e danza attraversando le strade di una New York quasi irriconoscibile, catturata in un bianco e nero che non concede alcuna coordinata temporale. Protagonista precaria e volubile dei sogni di gloria della grande mela, si sposta da un appartamento all’altro tra continui inciampi in dialoghi surreali e uscite strambe che paiono quasi voler creare un climax alla battuta più sentita e costruita del film, su quello che Frances – the undatable – non ha ma sa come vorrebbe: l’amore. Con un moto centripeto che porterà infine l’anima smarrita indie su un’orbita stabile, si delinea nel sorriso travolgente di Frances/Greta un piccolo gioiello di follia e leggerezza.