Rigoletto di Michielotto apre la stagione estiva del Teatro dell’Opera di Roma

Ieri sera su Rai5, quindi potreste rivederlo anche voi su Raiplay, hanno trasmesso in diretta Rigoletto, l’opera che in assoluto più mi piace di Giuseppe Verdi e che anche il suo compositore ritenne la migliore che avesse mai realizzato, anzi per me lo è tra tutte. Era una diretta dal circo Massimo di Roma, adatto al ritorno dei concerti in tempi di distanziamento sociale, per la disponibilità di posti, vista l’ampiezza dell’antica struttura (1500 mq). È da qui che il Teatro dell’Opera di Roma inaugura la stagione estiva dal palcoscenico romano appositamente ideato per il vasto spazio del Circo Massimo. Il Rigoletto di Verdi è diretto da Daniele Gatti con la regia di Damiano Michieletto. Rai5 lo trasmette in diretta, purtroppo inserendo l’opera in un contenitore non soltanto inutile, ma persino fastidioso – all’inizio si sentono addirittura i comandi della regia di rai5. Io non tollero che la tv di stato con tutti i mezzi a sua disposizione, abbassi sempre il livello qualitativo. Così due presentatori dicono una serie di ovvietà che sa anche un neofita, o che trovi su Wikipedia, meglio la “parafrasi” di Elio delle Storie tese, che perlomeno interpreta informazioni trite e ritrite e la resa cinematografica di Jean Pierre Ponnelle con delle inquadrature quasi hitchcockiane: guardare per credere. Oltretutto i cantanti sono i migliori della lirica. Maledizione! Sì lo sappiamo che è il titolo originario del Rigoletto, non c’è bisogno che ci forniate questa informazione a ogni stacco tra un atto e l’altro. Ma soprattutto non ho affatto capito la scelta registica di vestire i personaggi in abiti contemporanei: ecco, piuttosto spiegatemi questo. La scenografia dipende dalle disposizioni di legge: “Le automobili – spiega Damiano Michieletto – sono un espediente per rispettare le distanze. In qualche modo costituiscono un distanziamento: chi sta da una parte, chi dall’altra. Il cofano per esempio viene usato come un tavolo per appoggiare degli oggetti”. “Tutte le limitazioni imposte dalla pandemia – continua il regista – sono state rispettate. Però questo non è uno spettacolo rinunciatario. Abbiamo usato delle automobili, uno spazio molto ampio, dei film. E tutti questi ingredienti insieme creano uno spettacolo che mi auguro non darà al pubblico la sensazione di una cosa fatta in maniera artificiosa, solo per rispettare delle regole. Sarà un Rigoletto molto naturale e diretto”. E io mi chiedo cosa centri la giostra sempre in scena. E poi nessun riferimento agli abiti contemporanei contro la cui scelta io punto il dito. Perché attualizzando il contesto, Michielotto rende attuali anche alcuni temi dell’opera piuttosto odiosi, come il maschilismo insopportabile che caratterizza non soltanto il duca di Mantova palese nella credo più nota aria di sempre: Donna è mobile, ma ancora più evidente, all’inizio dell’opera, nell’aria Questa, quella. Il duca di Mantova è un lilbertino “da bar”. In Michielotto anche malavitoso con tante citazioni da film gangster, o popolari. Maschilismo che caratterizza non soltanto il duca di Mantova, che usa e getta le donne, ma anche l’amorevole padre colpevole di aver recluso Gilda per non esporla alla seduzione del mondo. Maschilismo che non manca pure a Michielotto, il quale intervistato dice che vuole rendere Gilda “una ragazza con le palle”, ma questo non è affatto presente nelle intenzioni di Verdi, che disegna Gilda angelica “ch’ella potesse ascendere quanto caduto er’io”, canta Rigoletto. Certo il maschilismo è anche ai nostri tempi presente, ma non credo che Verdi volesse perpetuarlo con quest’opera, semmai denunciarlo. Nella notte, dopo la fine del Rigoletto, ho litigato in chat su Facebook per aver difeso l’affermazione di Giorgia Meloni “sarei contenta se ci fosse un premier donna perché i tempi sono oggettivamente maturi. E poi questi uomini, diciamo la verità, li abbiamo provati in tutte le salse. Forse è arrivato il momento di provare qualcos’altro”, pur precisando nel mio commento che sì condividevo in pieno questa affermazione, ma certo non individuando nella leader di Fratelli d’Italia un futuro presidente del Consiglio, ma il maschilismo è cieco e il mio interlocutore è andato avanti con la sua plateale misoginia, io nella mia accanita difesa delle donne. Non giustifico, poi il livellamento dell’aspetto psicologico da parte dell’interpretazione registica che non soltanto appiattisce gli aspetti psicologici dei personaggi, ma persino li azzera, annullando la magistrale bravura della coppia Verdi-Piave: per esempio, il buffone deforme nasconde dietro la gobba una deformità più profonda, che è quella dell’animo. Soltanto scalfita dal ricordo della madre di Gilda e dalla consapevolezza della perduta verginità della figlia, ma l’ambientazione noir che vuole a tutti i costi fare di Rigoletto un duro, quando è soltanto un vecchio solo egoista, maltrattato dalla vita e dai cortigiani, mentre nell’interpretazione di Michielotto, Rigoletto poco piange, tanto beve, come un duro. Invece il carattere del buffone originario è più schizofrenico. Mentre si sentono le caratterizzazioni psicologiche dei diversi personaggi nel quartetto finale dove si intrecciano i diversi registri vocali del duca di Mantova (tenore), della “Bella figlia dell’amore” Maddalena (contralto), di Rigoletto (baritono) e Gilda(soprano). in questo Rigoletto rispettivamente interpretate da Iván Ayón Rivas, Martina Belli,  Roberto Frontali e  Rosa Feola.

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