Festa della mamma: come il malato di cancro può preservare la fertilità
Nella giornata della Festa della Mamma, continuo a pensare alla risposta di Micaela Biancofiore al suo collega di partito Antonio Tajani, il quale miseramente sostiene che “La donna si realizza con la maternità. La famiglia? Senza figli non esiste”.
Il Tajani-pensiero si commenta da solo, se non fosse che la risposta della sua compagna di partito mi abbia fatto pensare alla questione maternità per un paziente oncologico. Ha detto Biancofiore: “Sono notoriamente una persona molto riservata ma le incredibili parole sulla famiglia del vice presidente del mio partito mi spingono a prendere distanze abissali da Tajani e a rendere pubblico un problema personale che non ho mai rivelato per evitare di prestarmi a strumentalizzazioni politiche. Ma oggi credo sia anche importante sposare la ricerca di coraggio alle donne di Forza Italia arrivata in queste ore dai mondi più trasversali. Ho avuto un tumore all’utero, da allora non posso più avere figli con metodi naturali. Dunque secondo il Tajani pensiero, che purtroppo coinvolge e travolge tutta Forza Italia, mi dovrebbe essere negata anche una famiglia?… Come può il massimo dirigente di un partito teoricamente liberale avere idee discriminatorie, superficiali e lontane dai sentimenti delle persone? Temo che Tajani sia troppo influenzato dalla compagnia di persone notoriamente intolleranti e impositive della propria visione settaria che nulla hanno a che fare con la storia di Forza Italia. La famiglia è ovunque ci sia amore e progetto di vita comune, arcobaleno , rosa, azzurro, etero, LGBT e pure con animali d’affezione. E la pensa così anche il mondo cattolico al quale forse voleva ammiccare, il Papa in primis. Può essere che sia stato frainteso ma le sue scuse odierne, per altro tardive, non convincono affatto”.
Sebbene il numero di malati oncologici non voglia arrestarsi, grazie ai programmi di prevenzione e diagnosi precoce e alle nuove terapie antitumorali, sono sempre di più coloro che guariscono o che convivono a lungo con la malattia.
Purtroppo, quando ad ammalarsi sono bambini o giovani adulti, il rischio è che si incorra in effetti a lungo termine delle terapie antitumorali, e tra questi anche il rischio di non poter avere figli.
Oltre ai tumori che più frequentemente compaiono nelle donne di 20-40 anni (mammella, tiroide, cervice uterina, colon-retto, ovaio, sarcomi, linfomi, leucemie) anche tutti i trattamenti antitumorali – sia sistemici (chemioterapia, ormonoterapia, ecc.) che locali (radioterapia e chirurgia) – possono compromettere temporaneamente o permanentemente la fertilità.
Per questo, prima delle terapie, l’oncologo è solito spiegare le strategie a disposizione per preservare la fertilità e avere figli dopo le terapie antitumorali, come la possibilità del congelamento e preservazione degli ovociti.
Per la ricerca, diventa, dunque importante studiare come preservare la fertilità dei giovani pazienti oncologici di entrambi i sessi che, grazie ai progressi nelle terapie, possono non soltanto guarire, ma anche ambire ad una qualità di vita normale.
Le strategie disponibili per preservare la fertilità prima di affrontare i trattamenti antitumorali sono:
La protezione farmacologica:
il congelamento degli embrioni è indicato per le donne che devono sottoporsi a intervento chirurgico o a chemioterapia/radioterapia, ed è la tecnica più efficace per la preservazione della fertilità femminile.
Presenta lo svantaggio che la stimolazione ovarica, necessaria per ottenere più ovociti da fecondare e dunque più embrioni da congelare, ritarda l’inizio della chemioterapia/radioterapia e potrebbe stimolare le cellule sensibili agli ormoni.
Il congelamento degli ovociti è relativamente meno efficace del congelamento degli embrioni, ma gli ovociti possono rimanere nell’azoto liquido per molti anni, mantenendo intatte le loro caratteristiche biologiche. La probabilità di riuscita dipende da vari fattori, ma soprattutto dall’età della paziente e dal numero di ovociti che si recuperano. I successi di questa tecnica sono in costante aumento. Tuttavia, questa soluzione può essere presa in considerazione soltanto se la paziente può ritardare l’inizio delle terapie antitumorali per sottoporsi alla stimolazione ovarica; potrebbe stimolare i tumori sensibili agli ormoni.
Il congelamento del tessuto ovarico: il tessuto ovarico può essere prelevato nel corso di una laparoscopia eseguita in anestesia generale, poi suddiviso in frammenti e conservato in azoto liquido. È l’unica tecnica al momento disponibile per preservare la fertilità in pazienti in età prepuberale, Se il reimpianto riesce e l’ovaio si vascolarizza di nuovo, il tessuto ovarico reimpiantato è in grado di continuare autonomamente a produrre ovociti e ormoni femminili, ma non si sa per quanto tempo.
Tuttavia, si tratta di una tecnica ancora sperimentale che ha dato, sino ad oggi, circa una ventina di gravidanze a termine nel mondo; richiede un intervento in laparoscopia.
Le tecniche più diffuse di procreazione medicalmente assistita sono:
l’inseminazione intrauterina (IUI); la fecondazione in vitro con trasferimento dell’embrione in utero (FIVET); e l’iniezione intracitoplasmatica di un singolo spermatozoo (ICSI). Quest’ultima è l’unica tecnica utilizzabile dopo la guarigione dalle donne che hanno avuto un tumore e che hanno congelato in precedenza i propri ovociti.