Le anime degli anni 80: la tragedia ha inizio
Vengo da una generazione di bambini che si sparavano al posto di cartoni animati tragedie di ogni tipo. Tutte orfane o, se proprio andava bene, adottate. Le odiavo tutte le protagoniste femminili dei cartoni, eccetto Pollon e Lady Oscar. La prima almeno provava a mettere allegria, la seconda bisex della Rivoluzione francese, per colpa di un padre che voleva un maschietto, ma, ahimè, è nata una biondona che piace a donne e a masculi. Che non fanno una bella fine: allegria. Insomma i cartoni degli anni Ottanta erano telenovele con protagoniste supersfigate. Vinceva la medaglia d’oro della sfiga Sara, introdotta dalla sigla più triste del mondo e non poteva non essere così. Orfana, ovviamente, vive in collegio, all’inizio da gran signora, perché il padre ricco le permette di ricevere un trattamento di favore. Morto il padre, Sara è fregata: cacciata dall’orfanotrofio ci torna come sguattera. Vestito grigio, capelli blu, occhioni azzurri: bella e triste. Come Annie, l’amica di Candy Candy. A un’infanzia infelice qui si aggiunge la malattia rara: l’emofilia. Ma anche Candy Candy porta le sue croci: il nome in primis e i soprannomi (Tarzan-Scimmietta), una serie di ragazzi che hanno un piede nella fossa. Sua sorella gemella è Georgie dai biondi capelli dorati, due occhi azzurri brillanti e vivaci. Abbandonata, odiata dalla madre che la raccatta ancora in fasce con un braccialetto di 100 kg al polso, che meriterebbe un pezzo fashion di AlimentarMente. I due fratelli Abel e Arthur se la vogliono fare, ma lei preferisce Antony che, in questa anime, si chiama Lowell, malato di tubercolosi. In sti maledetti cartoni ogni puntata era una tragedia e io pensavo che mai e poi mai avrei voluto essere come tutte ste bionde ricce. E invece… Sono sempre stata liscia, ma con una sfiga addosso.