Cimitero monumentale: visita al museo dei morti
All’ombra de’ cipressi e dentro l’urne
confortate di pianto è forse il sonno
della morte men duro?
Una visita ai morti. Non di cortesia, ma per conoscere uno dei tesori d’arte a cielo aperto più grande della Lombardia. È il Cimitero monumentale visitabile gratuitamente su appuntamento.
Avviato nel 1864, venne progettato dall’architetto Carlo Maciachini (1818-1899) e aperto nel 1866. Si possono distinguere tre parti: quella cattolica, acattolica, a sinistra dell’ingresso principale, e il reparto israeliti a destra. Dall’ingresso principale si scorge il famedio, il tempio della fama, inizialmente organizzato come chiesa, bicolore come le chiese toscane. Sotto una volta blu elettrico fa riposare Alessandro Manzoni, Carlo Cattaneo e Luca Beltrami e ricorda con un busto Giuseppe Verdi depositato alla Ca’ brutta. Tre vele dorate ricordano i più recenti scomparsi. Ci sono, tra gli altri, Enzo Jannacci, il fotografo Gabriele Basilico, Franco Parenti, Franca Rame, Alda Merini, artisti milanesi di ogni stile ed epoca, come Francesco Hayez, Gerolamo Induno e Tranquillo Cremona. Una gabbia di tubi incastra nuvole e cielo fuori con il monumento ai caduti nei campi di sterminio nazisti. Tra i vialetti disperazione, morte, grida, angeli, pianti, nuvole, fiori che profumano l’aria, marmo, bronzo, pietra. Scapigliato, come il Cremona, è anche l’apparato scultoreo della famiglia dell’architetto Squadrelli. Lo scultore Ernesto Bazzaro, tra il 1910 e il 1911, sceglie un classico dell’arte funeraria: la resurrezione di Lazzaro, pronto ad alzarsi in piedi come lasciano immaginare i piedi in primo piano. Basta un balzo. Davide Campari sceglie l’Ultima cena, poco oltre la cappella della famiglia Toscanini. Per loro un altro classico: il bassorilievo con ora l’abbraccio nel marmo bianco, a simboleggiare l’innocenza del figlio Giorgio, morto a soli 5 anni per difterite fulminante. Lo scultore Leonardo Bistolfi sceglie due angeli a portare la galea della morte.
Forme più contemporanee assumono la tomba a spirale di Antonio Bernocchi che scala e minaccia il cielo, o la tomba che sembra l’Opera australiana, e ancora l’angelo spazialista e sospeso in terracotta di Lucio Fontana. Di blu colorato.