Dogman e i sentimenti dell’istinto
Dogman, l’ultimo film di Matteo Garrone, il cui protagonista Marcello Forte ha vinto la Palma d’oro, alla 71ma edizione del Festival di Cannes, come miglior attore protagonista, ha vinto anche per la migliore sceneggiatura, ex aequo con Jafar Panahi per Three Faces, Alice Rohrwacher, per Lazzaro felice. Gli ingredienti sono gli stessi dei più bei film precedenti di Garrone, a mio parere, il miglior regista contemporaneo in Italia. Sceglie un attore che è l’antidivo per eccellenza (Forte è attore preso dalla strada) e gli fa interpretare un personaggio soltanto all’apparenza più velata buono se non persino disgraziato, che invece si rivela sgradevole e meschino. Ma non soltanto l’individuo è corrotto, è la società che è malvivente, e Garrone ce lo dice la prima volta con Gomorra. Il riferimento alla realtà è fondamentale per documentare quanto i nostri tempi siano tremendi. Penso a Primo amore, il cui protagonista disumano e gravemente malato è ispirato al cacciatore di anoressiche Mariolini o all’Imbalsamatore– il nano di Termini. In Dogman, il regista prende spunto dalla storia di Er Canaro della banda della Magliana- Pietro De Negri, noto per l’efferatezza dell’omicidio del pugile Giancarlo Ricci, in Dogman, chiamato Simone. Mentre il protagonista prende in prestito il suo nome da quello dell’interprete. Ma Dogman è l’Es freudiano, ossia “ la voce della natura nell’animo dell’uomo”, fatto di puro istinto, in bilico traEros e Thanatos, Amore e Morte. Tutti gli amici, il vicinato e la sua bambina Er Canaro chiama amoore, e dà loro tutto l’affetto possibile. Pure troppo. Lo lega a Simone un’amicizia sbagliata per cui Marcello fa tutto quello che gli chiede, si fa fregare, distrugge i rapporti con gli altri amici pur di non deluderlo, contrae debiti in un ambiente in cui farlo è pericolosissimo. Ruba per Simone e va persino in prigione al posto suo. Gli procura la droga, lo cura. Gli dà la morte e, per un momento, addirittura la spegne. Fa tutto per Simone, che se ne approfitta senza remore. E fa tutto quello che lui chiede. Quando guardavo il film, ho ricordato una battuta meravigliosa dei Simpsons mentre guardavo l’escalation di ricatti cui Marcello cede. C’è Marge che dice a Bart “Se Milhouse si buttasse giù da una torre ti ci butteresti anche tu?” E Bart animosamente interroga la madre su dove sia questa torre. Insomma, è un’amicizia a senso unico e soggiogante per Marcello. Ma Marcello è così con tutti. Si rivolterà contro l’amico soltanto quando qualche altro amico augura a Simone la morte perché la merita. Allora Marcello si trasforma in aguzzino spietato e lo ammazza come un cane. Poi c’è l’amor filiale di una tenerezza che mi ha fatto pensare al mio papà a quella dolce sintonia che spinge a cercare il genitore per fare attività che soltanto la complicità genitore- figlio conosce.
L’amore istintuale è anche quello per i cani: la cinefilia. Dogman- Er Canaro è un toelettatore che per i suoi cani farebbe di tutto, proprio come per l’amico Simone, persino rischiare grosso e volare in cielo per sbrinare un povero cane congelato. Perchè Simone altro non è che un cane cui Marcello deve prendersi cura.
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Cara Michela, la tua recensione e’ magnifica. Grazie. A me del film ha colpito molto il contrasto tra il buio e la pioggia con i rari momenti di luce. L umore dunque trasposto nel contrasto buio/luce. La netta prevalenza dell’oscurita’ che caratterizza una vita bieca, fatta di ricatti in contrapposizione con rari momenti di “normalità”. Doloroso. Grazie! Sonia
Grazie a te, Sonia