Benvenuto al Grand Budapest Hotel

GRAND_BUDAPEST_HOTEL_LEIC’è da perderci la testa, le dita, persino la vita, dietro la trama di Grand Budapest Hotel, scritto, diretto e co-prodotto da Wes Anderson, ispirato alle opere di Stefan Zweig. Il primo già lo conoscevo per il giallo Hotel Chevalier e Il treno per il Darjeeling, che avevo visto in lingua originale, così come Grand Budapest Hotel. Zweig invece l’ho scoperto con il film e velocemente su Wikipedia che lo introduce con una citazione da Il mondo di ieri. Ricordi di un europeo tutta alla AlimentarMente:

«Inerme e impotente, dovetti essere testimone della inconcepibile ricaduta dell’umanità in una barbarie che si riteneva da tempo obliata e che risorgeva invece col suo potente e programmatico dogma dell’anti-umanità».

Il film di Anderson, al posto di una caduta, risale in ascensore la montagna innevata dell’immaginaria Repubblica di Zubrowka, dove un altro ascensore ci conduce tra i piani di un hotel che, stavolta Anderson preferisce colorare e fiorire di rosa e jugendstil. Torna il treno, diretto non a Darjeeling, ma a casa di Madame D., un’ottantaquattrenne con un brutto presentimento. A raccontare come la percezione diventi realtà è Mr. Moustafa a un giovane scrittore, ospite del grand hotel. Come una matrioska, ogni storia ne apre altre, questa introduttiva quella di Gustave, Zero e Agatha, pasticcera gorbaciova che macchia di color prugna la dolce faccia di Saoirse Ronan. Primo narratore e direttore delle trame e delle mille ce n’è Anderson o, vista l’atmosfera fiabesca che pervade il film, Andersen? Ogni viaggio e mezzo di trasporto conduce a un nuovo punto di partenza e mezzo locomotore, sempre più improbabile, ogni scala a un nuovo livello del tempo e dello spazio della storia. E alla fine si torna nel Grand Busapest Hotel che, se non fosse tinto di rosa, sembrerebbe uscito da una litografia impossibile in bianco e nero di Maurits Cornelis Escher.

GRAND_BUDAPEST_HOTEL_LUISalite anche voi con la funicolare vecchia maniera in cima alla montagna ove si staglia il grand hotel dalle tinte pastello! Un cast delizioso vi accompagnerà in un’altra epoca forse mai esistita, all’insegna della poesia, dell’eleganza, delle buone maniere e dei buoni profumi. Il film più ironico di Wes Anderson, da vedere in originale modalità British.

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