Perché Sanremo è Sanremo: il controfestival

Non ho mai visto il Festival di Sanremo, perché detesto la televisione e i suoi programmi, e ancora di più la musica leggera.
Non mi piace la tv al punto che scado spesso e volentieri in atteggiamenti dittatoriali, che pure ripudio, nei confronti dei miei genitori – gli Antoni, come li chiamo io – , che ogni tanto avanzano la volontà di guardare programmi decisamente indegni e può sembrare assurdo io impedisco loro di guardarli con tanto di pippone, che io stessa mi sento putulante. Tuttavia, non credo di fare loro un torto, anzi cerco di salvaguardarli dallo sprofondare in un rimbambimento che non voglio attacchi i miei familiari. Insomma, trovo che guardare la televisione sia uno dei modi peggiori per prendere la demenza senile, quindi voglio soltanto tutelarli. È vero che ognuno è libero di fare quello che vuole, allora scelgo l’anarchia, preferisco quella al fetival dell’Ariston! E così qualche spezzone di Sanremo mi è toccato vederlo tra le carellate infuriate di Antonio, che prova a ribellarsi, e oggi tutti quei servizi su tutti i telegiornali, gli innumerevoli commenti sui Social. Ovunque schegge di mummie: a partire dal conduttore Claudio Baglioni è un pezzo di plastica, Patty Bravo sembra It, se non fosse per i capelli troppo platinati.  Anche Claudio Bisio ha perso la sua verve satirica, Loredana Bertè in versione strega turchina. I tre del Volo vecchi a 30 anni (incredibile leggo su internet che sono nati negli anni Novanta: ma cosa è loro successo?La strega Turchina ha fatto un incantesimo?) Quanti anni hanno veramente queste persone, dietro la plastica? Qualcuno informi le mummie sulla quota 100. E pochi secondi di queste poche schegge di telvisione mi sono bastati per ridarmi ragione. Tutto è iniziato con un post su Facebook di un amico che stimo intelligente e affine a me. “Bocelli-Baglioni 4 minuti di belcanto italiano. Il Festival potrebbe anche finire qui [Magari! ndr]. Ma andiamo avanti fiduciosi. Finora zen circus facilmente i migliori”. Bocelli lo rivedo oggi in un servizio del tg: deve essere stato davvero meraviglioso! E sento che ieri sera ha introdotto il figlio nel mondo dello spettacolo: d’altronde soltanto con le raccomandazioni i tenori possono farsi strada cantando musica leggera. Ma che scelta è scendere verso il basso? È come Allevi che si fa baluardo del pianoforte jazz, ma rimane che fa cagare (non posso e non voglio torvare un sinonimo, perché voglio essere chiara su quello che mi provoca), allora improvvisa un taglio alla Stefano Bollani, un vero fuoriclasse, ma Allevi non ti può bastare, non sei Sansone: fai il pianista di pianobar, a Sanremo!

Poi le seconda parte di quel post mi avvisa che gli Zen Circus sono caduti nella trappola Sanremo. Li seguo su Facebook, dove l’annuncio della loro partecipazione è stato accolto con il cattivismo che meritano, cattivismo che è il primo motivo per cui li ascolto, e mi chiedo come lo abbiano trasmesso dal palco dell’Ariston. Forse dovrei vedere la loro esibizione su Raiplay, ma preferisco continuare ad ascoltare Canzoni da spiaggia deturpata delle Luci della centrale elettrica. Ci vanno anche Motta e Brunori Sas? Passo all’ascolto di Infinità dei Marlene kuntz. Ieri in merito a questa canzone, sulla pagina Facebook degli autori ho letto:

Infinità è la canzone che scegliemmo come secondo singolo/video per promuovere Ho Ucciso Paranoia. Sono andato a ripescare le parole che scrissi a Niels Jensen, l’autore, per spiegargli un po’ il senso del pezzo. Estraggo per voi queste: “È  una canzone d’amore in cui non compare mai la parola amore. E nemmeno cuore. La tenerezza è l’impulso principale. I versi cercano di allontanarsi dai luoghi comuni ma desiderano essere molto poetici, e il video dovrebbe rendere questa intensità esclusiva”. Probabilmente la fragilità della bolla di sapone è un modo intrigante di rendere la delicatezza del sentimento della tenerezza. E, detto di passaggio, sembra quasi assurdo parlare di delicatezze in rete, di questi tempi carichi di odio e nervosismi. Tant’è: s’ha da resistere”.

E Motta nel 2018 ha vinto il premio Tenco. Intitolato proprio a quel Luigi Tenco che cantava, ascoltiamola: “Mi sono innamorato di te perché non avevo niente da fare,il giorno volevo qualcuno da incontrare,la notte volevo qualcosa da sognare”. Anche lui senza mai usare la parola troppo usata amore, scrive una delle più belle canzoni d’amore di sempre. E Motta cosa fa? Non lo saprò mai: mi rifiuto! Mi basta che vada a Sanremo, dove il cantante della scuola genovese a soli 29 anni si uccise perché ignorato con la sua Ciao amore ciao, cui vennero preferite tra le altre canzoni in gara Non pensare a me di Claudio Villa e Iva Zanicchi, che vinse, Bisogna saper perdere di Lucio Dalla, Cuore matto di Little Tony, Pietre di Antoine, La musica è finita di Ornella Vanoni e Io tu e le rose di Orietta Berti. Ciao amore ciao ( il titolo originale era “Li vidi tornare” e aveva un testo antimilitarista che Tenco trasformò in una canzone d’amore ai tempi in cui gli italiani emigravano in America),  non fu apprezzata né dal pubblico né dalla giuria, arrivò al dodicesimo posto su sedici in classifica e fu esclusa dalla finale; non rientrò nemmeno col ripescaggio, in quanto le venne preferita La rivoluzione di Gianni Pettenati. Nella sera del 26 gennaio Tenco salì sul palco per cantarla e disse al conduttore Mike Bongiorno che sarebbe stata l’ultima volta. La cantò male, andando fuori tempo, fu eliminato dal Festival e tornò nella sua stanza d’albergo dove lasciò scritto il suo ultimo inestimabile pezzo:

«Io ho voluto bene al pubblico italiano e gli ho dedicato inutilmente cinque anni della mia vita. Faccio questo non perché sono stanco della vita (tutt’altro) ma come atto di protesta contro un pubblico che manda “Io te e le rose” in finale e una commissione che seleziona “La rivoluzione”. Spero che serva a chiarire le idee a qualcuno. Ciao Luigi».

“Ciao, amore, ciao

Andare via lontano
A cercare un altro mondo
Dire addio al cortile
Andarsene sognando
E poi mille strade grigie come il fumo
In un mondo di luci sentirsi nessuno
Saltare cent’anni in un giorno solo
Dai carri dei campi
Agli aerei nel cielo
E non capirci niente e aver voglia di tornare da te”

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