Notre Dame brucia sotto la nostra società
Il rogo di Notre Dame di Parigi sull’alzaia della Senna mi ha provocato fitte di dolore perché la perdita di un tesoro architettonico di tale levatura non porta perdite ai francesi, ma all’intera umanità. È da ieri che ho le fitte e un magone che non scende giù, mentre la guglia lo fa, cascando come nulla fosse. Purtroppo mio padre ha scelto di seguire gli aggiornamenti in diretta del tg1 borbottati da Francesco Giorgino che io detesto già nelle edizioni feriali del tg, figurarsi in quella speciale, dove subisce fortemente lo stress e il panico della diretta imprevista e, mentre va a caccia di scoop come uno sciacallo, la regia manda in loop la registrazione del crollo della guglia. Pare Andy Warhol, quando metteva in serie fotografie di incidenti, così da farli accettare per anestesia dell’animo. Questo tipo di terapia con me non funziona, ma con altri è efficace. Non potendo sciacallare, per un attimo Giorgino, la cui desinenza diminutiva è significativa, tenta la via del ciellino ferito, invitando ad ascoltare tutti insieme le preghiere dei fedeli raccolti sulla Senna. Stamattina appena sveglia, mi sono affrettata a leggere se è rimasto qualcosa della cattedrale, mentre tornano le fitte e il magone. L’informazione online è mistificata e imprecisa, affermando tutto e il contrario di tutto, quindi chiedo a mia mamma di comprarmi il giornale, mentre va a prendere il pane. Nel frattempo, apro Facebook e leggo un post di Simone Di Stefano di Casa Pound (con cui ho scatenato una diatriba anche su Twitter), che invita coloro che vogliono crollino i simboli identitari di una nazione a rallegrarsi per il rogo di Notre Dame e ad aprire lo spumante. Commento che è un povero morto di intelletto. Poi leggo gli altri commenti e sono contenta perché anche quasi tutti gli altri non sono generosi con il miserabile. Ovviamente qualche seguace Di Stefano lo ha e così rispondo anche a loro, sconvolta da gente che non sia in grado di comprendere che la perdita non è soltanto dei francesi, ma dell’intera umanità. E il mio sfogo mi cura un po’ le fitte e il magone. È arrivato il giornale. Leggo l’editoriale di Corrado Augias, filofrancese e conduttore dell’unico programma che guardo in televisione (Quante storie). A pagina 7 de” La Repubblica” del 16 aprile 2019, scrive un pensiero che condivido interamente:
“Notre Dame ha attraversato i secoli subendo devastazioni, oltraggi, mutilazioni; in questo lungo catalogo l’incendio di ieri è una nuova sventura, passeranno molti anni prima che possa tornare com’era, semmai sarà possibile farlo per danni che al momento non possono nemmeno essere calcolati”.
Nei secoli (soprattutto durante la rivoluzione francese), l’arcicattedrale parigina ha subito ogni avversità, ma proprio il nostro tempo doveva raderla al suolo? E tornano fitte e magone. I 54 mostruosi gargoyle che Viollet-le- Duc aggiunse a fine Ottocento a guardia terrificante del perimetro della cattedrale non sono bastati a difenderla dalla società contemporanea.