La metà dei tumori è causata da fattori ambientali

La prima domanda che ho rivolto all’oncologo che mi ha in cura e a tutti quelli che dopo di lui ho consultato per ulteriori visite riguardava sempre quali fattori avessero formato la neoplasia. Lui , come gli altri, mi rispose che le cause certe per cui un individuo si ammala sono infinite e non certe, a meno che non derivino da mutazioni genetiche. Eppure quelle cause ho continuato a cercarle: della serie conosci il tuo nemico e soltanto allora potrai combatterlo. Da qui ho iniziato a seguire stili di vita e un’alimentazione più sana: una santa. Secondo uno studio condotto da un gruppo di scienziati dell’Istituto Europeo di Oncologia pubblicato sulla rivista Nature Genetics  non ci si ammala di cancro per caso o per sfortuna: le traslocazioni cromosomiche, una delle alterazioni geniche più frequenti e importanti per lo sviluppo del cancro, infatti non avvengono casualmente nel genoma, ma sono prevedibili e sono provocate dall’ambiente esterno alla cellula.
Piergiuseppe Pelicci, direttore della Ricerca IEO e professore di Patologia Generale all’Università di Milano, spiega che “Un tumore si sviluppa quando una singola cellula accumula 6 o 7 alterazioni del DNA a carico di particolari geni: i “geni del cancro” e così, nel corso della vita, un uomo su 2 e una donna su 3 si ammalano di cancro”. Ma cosa causa quelle alterazioni? I tumori sono caratterizzati da due tipi di alterazioni a carico degli oncogeni, i geni del cancro: le mutazioni, che causano piccoli cambiamenti della struttura di un gene, e le traslocazioni cromosomiche, che causano addirittura la fusione di due geni. Secondo Bert Vogelstein, a capo della ricerca, due terzi delle mutazioni trovate nei tumori si formano durante la normale vita dei nostri tessuti, quando le cellule duplicano il proprio DNA per moltiplicarsi. Siccome queste mutazioni sono considerate inevitabili, perché dovute a errori casuali, Vogelstein ha dovuto concludere che non possiamo fare niente per evitare di ammalarci di cancro. In conclusione, per Vogelstein non c’è spazio per l’autodeterminazione in termini di salute.

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