Fondazione Veronesi fa i conti ai fumatori. La soluzione per smettere? Aumentare il prezzo
Sono 1200 euro i soldi che vanno in fumo per il 34% dei tabagisti italiani. Circa il 26% di loro spende all’anno in sigarette dai 700 ai 1200 euro, il 23% dai 250 ai 650 e soltanto il 17% meno di 200 euro. E il fumo costa pure 7 milioni di vittime al mondo, 70mila in Italia. I conti sono di Fondazione Veronesi, che ha promosso un sondaggio dedicato al fumo e ai suoi costi, rilevando che l’arma dell’aumento del prezzo del pacchetto di sigarette risulta tra le più efficaci in quanto se costassero di più si fumerebbe di meno e molti giovani e le persone meno abbienti non potrebbero neanche permettersi di accendere la prima.
L’aumento dell’accisa di un euro a pacchetto, in un anno, farebbe vendere oltre 7 miliardi di sigarette in meno e farebbe entrare nelle casse dello Stato 2,2 milioni di euro in più. Ma come la prenderebbero i fumatori? Secondo l’indagine condotta nell’aprile 2019 da AstraRicerche per la Fondazione su un campione di 1500 italiani tra i 15 e i 65 anni, a fronte di un ipotetico e poco realistico raddoppio, il 46% dei fumatori smetterebbe, mentre il 32% ridurrebbe di molto. Nel caso aumentasse del 20%, il 5% smetterebbe di fumare e un ulteriore 18% diminuirebbe molto. Numerosi ipotizzano che passerebbero alle sigarette elettroniche, motivo per cui tutti gli esperti in materia sottolineano che una proposta di aumento della tassazione dovrebbe riguardare tutti i prodotti contenenti nicotina compresi il trinciato il prodotto di tabacco riscaldato e liquidi per sigarette elettroniche.
Il tabagismo non soltanto causa morti premature, ma anche malattie e disabilità croniche, oltre alla perdita di produttività, impiego di risorse sanitarie, impoverimento e disuguaglianze.
E, dal momento che gli aumenti non piacciono, sorprende che il 46,5% si dichiari favorevole all’ipotesi di un aumento della tassazione sui prodotti del tabacco e soltanto il 35% contrario. Inoltre, qualora le entrate aggiuntive fossero destinate alla prevenzione e alla cura delle malattie legate al fumo, i favorevoli salirebbero addirittura al 57,3%, mentre i contrari calerebbero al 21,2. “Questo salverebbe migliaia di vite all’anno, consentendo anche notevoli risparmi di spesa sanitaria”, afferma Giovanni Fattore, professore ordinario del dipartimento di Scienze sociali e politiche della Università Bocconi di Milano, che ha affiancato nell’analisi il comitato scientifico della fondazione Veronesi. E conclude: “Al tempo stesso, però, peserebbe di più su fumatori con reddito basso che non riescono a smettere. Per correggere questo aspetto punitivo si può prevedere che l’intero oggetto venga reinvestito in iniziative per favorire una società senza fumo, aiutando concretamente con servizi e terapie i fumatori”.