Tumore e infiammazione
La mia neoplasia al cervello è stata asintomatica, se non fosse stato per qualche segnale malinteso. Una forma d’acne, per esempio, non mi ha messo in allarme, nonostante non abbia mai avuto brufoli durante l’adolescenza, se non in determinati periodi. Quindi, l’acne che mi rovinava il volto, l’ho presa come momentanea. L’infiammazione (o flogosi) è un meccanismo di difesa innato e aspecifico. Eppure, considerando che l’acne è un disturbo tipico della pubertà, un dubbio sarebbe dovuto venirmi, ma ho sottovalutato il tutto e ormai non c’è più, come il cancro. Il tumore scatena una risposta infiammatoria, e, a sua volta, il contesto infiammatorio alimenta l’aggressività del tumore e la disseminazione delle metastasi. La mappa dei punti in cui processi infiammatori e tumorali si interconnettono e agiscono in concerto è in corso di esplorazione. Questa connessione ha per protagonista la proteina p53, che normalmente legge il patrimonio genetico delle cellule, mentre nella metà circa dei tumori si ritrova in forma mutata. Licio Collavin del dipartimento di Scienze della vita dell’Università di Trieste e il suo gruppo di ricerca al Laboratorio nazionale CIB – Area Science Park di Trieste, con il sostegno di AIRC, nello studio pubblicato su Molecular Cell, hanno annunciato la scoperta secondo cui queste varianti anomale non solo vengono meno al proprio fondamentale ruolo a guardia dell’integrità del genoma, ma si comportano da pericolosi acceleratori della trasformazione e progressione tumorale, facendo sì che le cellule tumorali interpretino i segnali molecolari dell’infiammazione come istruzioni a sviluppare maggiore aggressività. “La proteina p53 mutata – spiega Collavin – neutralizza un fattore che controlla i segnali molecolari generati dall’infiammazione, facendo sì che le cellule maligne potenzino la loro capacità invasiva“. I ricercatori triestini hanno dimostrato che, eliminando questo effetto provocato dalla proteina p53 mutata, le cellule tumorali reagiscono meno agli stimoli infiammatori e, quindi, diventano meno aggressive. “Il nostro studio, quindi, apre la strada a nuove ricerche volte a sviluppare approcci terapeutici mirati, basati sulle caratteristiche di p53 nei diversi tumori” conclude il ricercatore.