L’alta sensibilità di Alessandro D’Alatri in Senza pelle

È morto mercoledì 3 maggio 2023 Alessandro D’Alatri, il regista noto al grande pubblico per I Bastardi di Pizzofalcone (2018) e per Il Commissario Ricciardi con Lino Guanciale nel 2021.
Per noi cinefili di nicchia il regista romano ha diretto Senza pelle e il piccolo Giorgio del Giardino dei Finzi Contini di Vittorio De Sica (1970). Piace pensare che al regista neorealista si ispirò D’Alatri. Nel 1991 con la sua prima regia, Americano Rosso, Alessandro D’Alatri fu tanto convincente da fargli guadagnare il David di Donatello e il Ciak d’oro per il migliore esordio.
Per me è Senza pelle il film che dimostra lo sguardo lungimirante di D’Alatri, dal momento che seppe parlare anzi tempo di un disturbo neurologico ancora poco noto in ambito medico: l’alta sensibilità.

E per questa ignoranza sul tema, D’Alatri dimostra una sensibilità e delicatezza inusitati nel cinema soprattutto in quello che indaga i disturbi psicologici, basti pensare che il film cult del genere Psycho di Alfred Hitchcock è classificato come genere horror.
D’Alatri, invece, dipinge questo disturbo neurologico con l’intelligenza di chi non conosce. L’alta sensibilità è un tratto che si ha dalla nascita, quindi biologicamente determinato. Non se ne parla, eppure l’alta sensibilità è un tratto che riguarda il 20% della popolazione fin dalla nascita. È un tratto studiato dalla dottoressa Elain Aron, che ha individuato quali siano le caratteristiche principali di queste persone altamente sensibili, ossia empatia, grande attenzione agli stimoli esterni: a suoni, odori, al tatto; spiccata sensibilità, cioè la capacità di mettersi nei panni altrui. Si vive tutto in maniera molto amplificata, di conseguenza si corre anche il rischio di svuotarsi emotivamente molto prima.
Viene da dire ad Alimentarmente che ama i giochi di parole, che Alessandro D’Alatri tratti con alta sensibilità questo disturbo ai tempi ignoto nel suo Senza pelle.
Il tranquillo matrimonio di Gina e Riccardo è turbato dall’arrivo di alcune lettere anonime indirizzate alla donna. L’autore di queste è Saverio, un ragazzo altamente sensibile che si è innamorato di Gina. Il marito, a colloquio con la psicologa che segue Saverio nella comunità dove sta il ragazzo, alla rimostranza di Riccardo:“Guarda se doveva capita’ a me sto scemo”, risponde: “Guardi che si sbaglia: Saverio non è scemo, anzi si può dire che sta male proprio per eccesso di intelligenza e sensibilità… Vede noi possiamo controllare le nostre emozioni; loro, invece, non sanno gestirle: sono continuamente esposti. È come se non avessero la pelle; la pelle è il nostro ultimo confine, poi c’è il resto del mondo: loro non hanno confini, un po’ come i bambini”.
Di persone altamente sensibili pochi ne parlano e in Italia sono ancora pochi i professionisti con specializzazione nel riconoscimento e gestione di questo tratto caratteriale molto potente. Elaine Aron, psicologa e ricercatrice americana, è stata una delle prime studiose ad approfondire il tema delle persone altamente sensibili. Le sue ricerche sono iniziate nei primi anni Novanta e sono poi proseguite negli ultimi decenni, anche grazie ai contributi di altri autori.
Figurarsi quanto se ne poteva sapere nel 1994, quando il film è stato girato, e quanto conoscesse la coppia del tratto innato di questo ragazzo, soltanto all’apparenza strambo. Il film ha il merito di chiarirci il disturbo sconosciuto dell’alta sensibilità proprio attraverso la descrizione del caso da parte della psicologa per mettere a fuoco in una corretta visione la psicopatologia di Saverio. La scelta di un uomo altamente sensibile è interessante perché mette in luce la fragilità maschile, solitamente taciuta, con la delicatissima interpretazione di Kim Rossi Stuart, noto per essere l’invincibile karateka di Karate Kid.
Senza pelle conquistò un inatteso spazio nel concorso di Cannes e un Nastro d’argento per la sceneggiatura. Poi fu completamente negletto.

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