‘Vincent Van Gogh, pittore colto’ al Mudec
È difficile togliersi un’etichetta sin dalle origini della Letteratura, basti pensare agli epiteti del mondo omerico. Ed è rimasto tutto come allora: dici Vincent Van Gogh, dici pazzo. Il Mudec di Milano prova a mettere in mostra un aspetto meno noto del pittore olandese, la sua cultura, e lo fa già a partire dal titolo della mostra in programma dal 21 settembre 2023 al 28 gennaio 2024: Vincent van Gogh. Pittore colto. E l’esposizione, a cura di Francesco Poli, Mariella Guzzoni e Aurora Canepari, mette scientificamente in luce questa caratteristica del maestro dei girasoli. Francesco Poli cura, infatti, un percorso studiato e calibrato dal taglio inconsueto.
Non è sconosciuta la profonda cultura religiosa di Van Gogh, ma è condizionata dall’iperbiografismo, la mostra del Mudec intende mettere a fuoco Vincent Van Gogh attraverso il filtro degli strumenti concettuali e culturali che Van Gogh ha introdotto sulle sue tele: “I libri, la realtà e l’arte sono una sola cosa per me”. Il percorso si avvale di due sezioni tematiche per tradirci le meravigliose tele dell’olandese attraverso le sue conoscenze: il suo appassionato interesse per i libri, e dall’altro la fascinazione per il Giappone alimentata dall’amore per le stampe giapponesi, collezionate in gran numero.
Mariella Guzzoni è la curatrice della sezione “Van Gogh. Vivere con i libri”. Perché il pazzo leggeva e scriveva in 4 lingue diverse sin da bambino. Ha letto centinaia di libri, a partire dal Primo, la Bibbia, di cui si rivela un profondo conoscitore. La studia costantemente ed è testo di meditazione durante la sua missione da predicatore laico. Le vetrine dedicate ai riferimenti letterari dimostrano che quando dipinge in Olanda legge opere di scrittori contemporanei che affrontano grandi temi sociali, come Michelet che, con la sua monumentale Storia della Rivoluzione Francese, restituisce per la prima volta al popolo un ruolo attivo mettendolo al centro della dinamica rivoluzionaria, e Beecher Stowe con La capanna dello zio Tom, denuncia la condizione degli schiavi in America. E poi anche Dickens, Hugo, e Shakespeare.
Conosciamo l’impressionante numero di libri letti da Van Gogh, perché vengono continuamente citati e commentati nelle sue lettere al fratello Theo e agli amici. I temi che più lo coinvolgono sono lo sguardo verso i poveri, i diseredati, le ingiustizie sociali; la semplicità, l’umiltà, la fatica dei lavoratori, la terra, la natura; l’indagine dell’animo umano.
Il lavoro è il soggetto nei primi disegni esposti, tra i quali spiccano I mangiatori di patate, e i disegni di cucitrici e spigolatrici della fase olandese; Moulin de la Galette, l’Interno di un ristorante, tutti provenienti dal Van Gogh Museum di Amsterdam; l’Essiccatoio per il pesce, Un laboratorio di carpentiere e lavanderia è uno dei più sofisticati disegni presenti in mostra nel periodo dell’Aia, ispirato dalle opere del “Graphic” sulla periferia londinese Van Gogh non raffigura gli scorci caratteristici della città, ma la zona povera dei sobborghi dove abitava con Sien, una povera prostituta incinta e con un figlio, che intende sposare per salvarla dalla sua condizione, con cui inizia una relazione nel gennaio 1882. Il progetto provoca l’indignazione dei familiari, e dopo un anno e mezzo di convivenza si separa da lei. Van Gogh raffigura Sien nel famoso disegno Donna sul letto di morte esposto in mostra.
In questo periodo Vincent vorrebbe guadagnarsi da vivere diventando illustratore, in particolare dal “The Graphic”, settimanale inglese illustrato: colleziona quasi duemila illustrazioni che cataloga e studia giorno e notte.
Nel luglio del 1882 Vincent scopre il padre del naturalismo francese Émile Zola, che diviene più che un preferito, leggerà “tutto” di lui dicendo che lo scrittore “dipinge con le parole”. Rilegge tutta l’opera di Charles Dickens, lo scrittore che denuncia la povertà della Londra dei suoi giorni, e ne studia le illustrazioni.
La vetrina francese ci porta a una corrispondenza tra quadri celebri dell’autore e opere letterarie di quegli anni: a Nuenen, il pittore studia in modo sistematico la Grammaire des arts du dessin di Charles Blanc e la sua Stella dei colori. La disposizione dei tre colori primari dimostra come essi si esaltino quando accostati ai colori secondari che sono nella punta opposta della stella e per questo l’accostamento era bandito nel Rinascimento, e coloro che non lo fecero vennero battezzati da Roberto Longhi come “Eccentrici”. Per Vincent la Stella dei colori origina nuove sperimentazioni in pittura, come nella Testa di contadina, in cui gioca sul contrasto tra le labbra rosse e lo scialle verde di una contadina con la pelle abbronzata dal sole dei campi. L’uso di colori contrastanti diventerà sempre più importante e centrale nella sua opera: “Il colore esprime qualcosa di per sé”, scriverà l’anno dopo.
Quando arriva a Parigi, i romanzi entrano nella sua opera come soggetto principale del dipinto, a volte impilati sul tavolo, come in Romans parisiens, a volte in gruppi di due o tre in Natura morta con statuetta in gesso e libri che crea una composizione molto innovativa due romanzi sono al centro del quadro e le loro copertine dettano la tavolozza si tratta di due tra i suoi preferiti il Bel Ami di Guy de Maupassant, che narra l’ascesa sociale di un giovane ambizioso e Germinie Lacertaux dei fratelli Goncourt, storia della sordida e doppia vita di una domestica di nome Germinie. Nella prefazione, i fratelli Goncourt prefigurano quello che verrà poi chiamato naturalismo. Vincent costruisce quest’opera intorno ai libri rinnovando completamente il genere.
I dipinti esposti si collegano ai libri contenuti nelle teche, che sono tutte opere di peso morale che parlano soprattutto di libertà.
È impossibile ricostruire l’intera biblioteca di Van Gogh essendo sterminata ed essendo il pittore sempre in viaggio.
https://www.youtube.com/watch?v=9ZrHg1ey_mk
I dipinti esposti si collegano ai libri contenuti nelle teche, che sono tutte opere di peso morale che parlano soprattutto di libertà.
È impossibile ricostruire l’intera biblioteca di Van Gogh essendo sterminata ed essendo il pittore sempre in viaggio.
A Parigi, i libri non soltanto diventano soggetti principali dei quadri, ma il pittore verticalizza le tele per trattarle come le pagine di un libro, come nella già citata natura morta libresca.
Nella sezione dedicata ai tempi trascorsi ad Arles, due vetrine riguardano le illustrazioni giapponesi che Vincent amava collezionare, in particolare quelle di Le Japon artistique, rivista ambiziosa con testi importanti e meravigliose tavole a colori. Questa rivista mensile, curata da Sigfried Bing racconta vita e costumi, arte e artigianato giapponese, uscì a Parigi nel maggio 1888. Le sue copertine diventeranno iconiche, e molte delle magnifiche tavole a colori sono fedeli riproduzioni di stampe ukiyoe. In mostra vengono presentati a confronto alcuni fogli tratti dalla rivista e stampe originali dei maestri giapponesi Hiroshige, Hokusai, Shunsen, che lo stesso Van Gogh commentava con ammirazione ed entusiasmo nelle lettere al fratello Theo.
La selezione delle stampe giapponesi al Mudec è curata da Aurora Canepari. Tutta Parigi era affascinata dal Sol Levante cui alludevano gli artisti a inserendo nelle proprie opere giapponismi – si pensi a La visione dopo il sermone (1888) dell’amico Paul Gaugain.
Le stampe che accompagnano i numeri di Le Japon artistique presentati in mostra sono del tutto fedeli agli originali grazie alla maestria di uno dei pionieri della fotoincisione: Charles Gillot. Vincent ne era entusiasta: “Tra le riproduzioni di Bing trovo splendidi il disegno del filo d’erba, i garofani e Hokusai” scrive nella lettera al fratello Theo a settembre non appena riceve i primi due numeri.
Ben presto appenderà queste tavole alle pareti della sua camera di Arles. Ne acquista più 600.
Canepari mette a confronto le opere di Vincent con le stampe da lui collezionate distinguendo due sezioni: la prima evidenzia l’incontro del pittore olandese con il Giappone a Parigi con un giapponismo semplice, la seconda mostra invece l’interiorizzazione dei modi giapponesi che danno luogo a un confronto tra cultura occidentale e orientale.
Gli alberi che più degli altri tagliano diagonalmente la tela, a guisa di quelli giapponesi, sono i pini, quelli di Pini nel giardino dell’ospedale e i Pini al tramonto, dipinti all’aperto, nonostante il forte maestrale, e descritti alla sorella come “grandi pini devastati contro un cielo rosso al tramonto”, ma mentre le descrive il quadro decide di ritoccare il cielo rosso, arancio e giallo con pennellate di verde per “ammorbidire i toni spezzandoli”. Un modo per raccontare il turbamento del suo stato d’animo: questo dipinto, infatti, gli ricorda la sua malattia.
Il tono malinconico caratterizza Il burrone, di cui dice: “Lavoro a una grande tela con burrone due blocchi di roccia molto solida tra cui scorre un filo d’acqua e una terza montagna che chiude la gola. Questi temi hanno certamente una loro affascinante melanconia, e poi è piacevole lavorare in luoghi così selvaggi”. Il burrone dialoga con Sull’isola di Enoshima di Hiroshige.
Il richiamo alle stampe giapponesi è quasi certosino tra La luna autunnale a Ishiyama sempre di Hiroshige e Paesaggio con covoni e luna che sorge di Van Gogh, un’alba di luna che, per colore poco argenteo e più dorato pare piuttosto un alba di sole.
Nonostante i due focus tematici, in mostra non mancano tutti i dipinti che hanno caratterizzato l’opera di Van Gogh: ci sono tanti autoritratti e ritratti di personaggi locali, come ad Arles, i coniugi Ginoux, il postino Roulin, lo Zuavo, la Mousmé.
Negli anni Parigini Van Gogh realizza ben 27 autoritratti, più che in altri periodi, sperimentando varie tecniche. Afferma di usare se stesso come modello per esercitarsi nel genere del ritratto ma è evidente che questo impegno solitario sia stato soprattutto una continua riflessione introspettiva sul rapporto tra la pittura e la propria identità di artista.
In mostra sono esposti anche tanti paesaggi che hanno reso celebre il pittore olandese. Van Gogh seppe rendere il genere del paesaggio così vivo da considerarlo quasi un essere vivente, convinto com’era che si dovesse conoscere profondamente la natura con sincerità e semplicità, come affermò: “Non bisogna copiare la natura, ma conoscerla in modo che il risultato sia fresco e autentico”. Egli ha rappresentato il ciclo di vita di ogni stagione catturandone la più intima essenza e la più piccola delle variazioni, un viaggio nell’anima della natura ma soprattutto nella propria.
Profuma di lavanda la Veduta di Saintes-Marie-de-la-Mer; mentre gli alberi cimiteriali del Frutteto circondato da cipressi , sin dalle civiltà più antiche simboli funerei (gli antichi Egizi li utilizzarono per la costruzione di tombe e sarcofaghi; mentre nell’antica Grecia questa pianta veniva associata anche al dio dei morti Ade. Dalle sue foglie e rami si ricavavano corone e durante i sacrifici il fogliame veniva anche cosparso sulle vesti) non riescono a oscurare il candore degli alberi da frutto, che qui biancheggiano e li nascondono in una luce tersa e profumata. Così come i Salici al tramonto non piangono, ma infuocano snelli e stilizzati l’aria.
Alcuni – come La vigna verde, e Tronchi d’albero nell’erba – mostrano lo spessore materico dei suoi quadri a volte talmente materici che paiono bassorilievi e che coinvolgono lo spettatore che può seguire i movimenti della pennellata, quasi stesse tenendo la mano di VanGogh mentre dipinge.
È emozionante anche comprendere come lavorava il pittore olandese ammirando i tanti blocchetti con schizzi esposti in mostra.
Vincent van Gogh. Pittore colto
Mudec – Museo delle culture in via Tortona, 56 – 20144 Milano (MI)
Dal 21 settembre 2023 al 28 gennaio 2024
ORARI MOSTRA
Lunedì 14.30 – 19.30
Martedì – mercoledì – venerdì – domenica 9.30 – 19.30
Giovedì – sabato 9.30 – 22.30
La biglietteria chiude un’ora prima (ultimo ingresso)
Dal 21 settembre 2023 al 28 gennaio 2024
INFORMAZIONI E PRENOTAZIONI
+39 02 54917
http://www.mudec.it
https://ticket24ore.it