Assorbire il ferro dai vegetali

Ho sempre sofferto di carenza di ferro, in modo smisurato dopo i 5 interventi subiti per asportarmi il cancro. Peggio ancora a seguito degli “effetti collaterali”: ho un ciclo mestruale affatto irregolare, che ho sin dall’adolescenza normalizzato con la pillola, ma i pazienti oncologici non possono assumere terapie ormonali, per cui da 10 anni il ciclo ce l’ho insistente, unica cura funzionante è stata l’agopuntura, ma il problema è la carenza totale di ferro. In ospedale, la dottoressa mi aveva persino promesso di dimettermi soltanto qualora avessi mangiato una bistecca e, pur di uscire, l’ho fatto con disgusto, sentendomi come la vegetariana Mia Farrow costretta dal regista Roman Polanski a mangiare fegato crudo per diversi ciak nel film Rosemary’s baby.

Oggi avrei risposto che io la carne non la mangio e che posso assorbire il ferro anche dai vegetali e che la carenza di ferro non dipende da quanto ne assumiamo ma da quanto riusciamo ad assorbirne. Ai tempi ci ho provato, ma la dottoressa mi rispose che il ferro contenuto negli alimenti vegetali si assimila meno di quello contenuto nella carne o comunque ci vogliono porzioni di gran lunga superiori. In realtà in ospedale non mangiavo molto perché, pur avendo detto che già seguivo un regime vegano, mi portavano sempre prosciutto o crescenza, finché non è venuta la cuoca in persona a chiedermi perché ogni tanto li mangiavo. Li rifilavo ai miei, che di nascosto mi portavano cibo macrobiotico a ogni pasto.
Allora la cuoca ha cominciato a mandarmi a tutti pasti fagioli cannellini bianchi. A ogni pasto. E guai se li mandavo indietro, quindi rifilavo anche quelli agli sventurati che mi venivano a trovare.

L’elenco dei vegetali ricchi di ferro è ricco e vario:

  • legumi, in primis soia e lenticchie;
  • cereali integrali soprattutto teff e amaranto;
  • semi di sesamo;
  • verdure come radicchio verde (cicorino), pomodori, patate e spinaci;
  • noci;
  • cacao.

Su una cosa avevano ragione: il ferro eme (organico, dei cibi carnei) è assorbito maggiormente di quello non-eme (inorganico, dei vegetali), con una quota assorbita in media del 25% rispetto al 10% degli alimenti vegetali. Ma, in realtà, questo divario si può annullare quasi completamente con dei trucchi!

Per esempio, ammollando e addirittura facendo germogliare i legumi, la disponibilità di ferro diventa quasi pari a quella EME.
Inserendo sempre una fonte di vitamina C nei pasti, raddoppiamo la disponibilità del minerale.

Completiamo la giornata con la vitamina C delle fragole e il cacao.

Al posto del sale, usiamo il gomasio a base di semi di sesamo e sale, che possiamo prepararci facilmente da noi. Ecco come:

Gomasio

©Pexels

Ingredienti:
80 g di semi di sesamo
4 g di sale marino integrale
1 piccolo pezzo di alga nori

Lavare i semi di sesamo inserendoli in un colino, tostarli a fiamma bassissima quando ben asciutti, stando ben attenti a non bruciarli,

Una volta tostati, sgranare i semi con le dita. Fare raffreddare. Intanto nella stessa padella dove sono tostati i semi di sesamo, tostare il sale marino integrale, che assorbirà l’olio perso dai semi di sesamo durante la tostatura. Versare i semi di sesamo tostati e freddi in un mortaio, unire il sale e qualche pezzo di alga Nori. Macinare il miscuglio, poco per volta, aiutandosi con il pestello.

Il gomasio è fonte di acidi grassi essenziali come omega 6 (acido linoleico) ed omega 3. l Gomasio è ricco di sali minerali, come, oltre al ferro, il fosforo, e soprattutto il calcio.

Il gomasio esalta verdure cotte, insalate, carni e soprattutto insaporisce il riso integrale bollito, come valida alternativa al sale puro.

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