Dallas Buyers club, ovvero l’istinto di sopravvivere a una malattia terminale
Oggi scrivo di Dallas Buyers club che ho rivisto poche sere fa in televisione, di cui la prima volta non avevo parlato su Alimentarmente, su cui compare soltanto un sintetico accenno di Lui non focalizzato su quanto, invece, a me ha toccato alla seconda visione: come si reagisce a una diagnosi di malattia terminale? Ron Woodroof, straordinariamente interpretato da Matthew McConaughey, alla notizia di avere soltanto 30 giorni di vita per avere contratto l’hiv, inizialmente reagisce con rabbia cieca e ignorante, in particolare diretta contro gli omosessuali ritenuti, per ignoranza, gli unici “untori” della malattia e qui si scatenano anche tutte le rabbie omofobiche. Poi c’è la documentazione e la scoperta delle terapie legali in corso, seppure in via sperimentale, alle quali si cerca di accedere in ogni modo. L’ho fatto anch’io: mi sono informata su tutte le ricerche in via di sperimentazione per curare il mio tipo di cancro e, per fortuna, mi sono state sconsigliate e negate dagli oncologi con i quali ero in cura. Tuttavia, l’istinto di sopravvivenza induce a volerle provare tutte: Ron diventa contrabbandiere e frequenta proprio i detestati locali gay friendly dove sa che è più diffuso il virus. Apre il Dallas Buyers club (realmente fondato in Texas), dove distribuisce farmaci non legali in cambio della sottoscrizione a una quota associativa. Ma viene ostacolato dalla la Food and Drug Administration, che proibiva la vendita di molti farmaci che Woodroof era costretto a procurarsi all’estero; motivo per cui gli fece causa, vincendola. Ron da spacciatore con l’obiettivo di fare soldi sulla malattia, diventa sempre più solidale con i suoi acquirenti, per i quali si impegna a fornire aiuto e informazioni. Nel frattempo c’è la sempre maggiore presa di coscienza che i farmaci sperimentali (l’AFT) sono tossici per l’organismo e che uno stile di vita sano può aiutare nella sopravvivenza. C’è anche una scena dedicata all’alimentazione in cui Ron vieta l’acquisto di un prodotto trattato, quindi raffinato, all’amica socia, pure lei malata Rayon. E, mentre Ron sceglie di chiudere con la vita fatta di eccessi di un tempo, Rayon è ancora dipendente dalle droghe, dal sesso non protetto e da una vita sregolata che la condurrà prematuramente alla morte. Ron, invece, rispetto ai 30 giorni di vita che gli avevano pronosticato riesce a sopravvivere 7 anni.