L’ultimo Caravaggio. Eredi e nuovi maestri, alle Gallerie d’Italia
Concludeva il percorso espositivo della mostra Dentro Caravaggio a Palazzo Reale di Milano e ora apre L’ultimo Caravaggio. Eredi e nuovi maestri, alle Gallerie d’Italia di piazza Scala fino all’8 aprile 2018. L’ultimo Caravaggio è il Martirio di sant’Orsola che Michelangelo Merisi dipinse in fretta e furia nel 1610, poco prima di morire. L’esecuzione fu così rapida che i suoi servitori commisero l’errore di far asciugare i colori al sole. E per questo si dovette correre ai ripari, ritardando la consegna, come scrive l’agente di Napoli Lanfranco Massa al committente dell’opera Marcantonio Doria. E proprio quest’ultimo Caravaggio ci fa capire la portata dirompente della poetica del grande maestro. Nel cupo livore della morte, Orsola non è affatto contenta di quella punta che le ha bucato il ventre, mostrando un’umanità che niente ha a che spartire con la raffigurazione che tradizionalmente si era soliti dare al martirio. Si pensi al san Lorenzo di Galla Placidia di Ravenna che quasi pare danzare tra le tessere musive per farsi “arrostire” sulla graticola. E gli occhi strappati a santa Lucia? Il ferrarese Francesco del Cossa li fa germogliare in un fiore che la santa stringe in mano. Meraviglioso!
Anche il genovese Bernardo Strozzi dipinge un martirio proprio di sant’Orsola che in mostra è esposto di fronte a quello del Merisi. Ma qui il colore è gioioso e la figlia di re, che si oppose a un matrimonio combinato con un principe pagano, è in estasi mistica per aver ricevuto il martirio e con lo sguardo cerca Dio. Contenta lei… Coprotagonista del Merisi è Giulio Cesare Procaccini che in mostra compare con numerosi lavori e un capolavoro negletto: l’Ultima cena proveniente dalla chiesa della santissima Annunziata del Vastato a Genova, da cui è stato temporaneamente rimosso per provvedere al restauro. Dal basso l’opera può essere fruita in modo più agevole rispetto alla posizione in alto sul timpano della cappella. E assistiamo a un vero e proprio spettacolo. Il momento scelto è lo stesso che volle Leonardo per il suo cenacolo in santa Maria delle Grazie: quando, come tramanda il vangelo di Giovanni, Gesù svela che presto uno degli apostoli commensali lo tradirà. In un frenetico gesticolare, gli apostoli commensali si agitano per capire chi sia il traditore. E come Leonardo, il pittore di Genova nell’apertura sullo sfondo colora d’azzurro foschia il paesaggio che si intravede: è lo sfumato leonardesco che vuole azzurri i paesaggi che si vedono in lontananza. Allo spettacolo ci introduce l’ultimo apostolo sulla destra che ha mani gigantesche ad aprire il sipario, mentre sulla sinistra compare un servitore in abiti contemporanei al Procaccini, che pare rubato alle cene di Paolo Veronese.
Poi ci sono tutti gli eredi più noti di Caravaggio, dal Battistello in mostra con Cristo porta la croce e una Crocifissione. Ci sono il Morazzone e Jusepe de Ribera con un Cristo alla colonna oramai esanime, umano come l’Orsola caravaggesca.
Per noi di Milano abituati al Cristo alla colonna di Bramante conservato a Brera,quanto è più reale questo piegato dal dolore, mentre l’altro sembra un modello, appena uscito dal parrucchiere che gli ha pettinato i boccoli, soltanto lo sguardo è indurito, come se lo specchio dell’animo stia pietrificandosi.
E tornando a piazza Scala, si va così avanti nei secoli fino a Pieter Paul Rubens e Anton van Dyck ai suoi esordi. Abbaglia nelle ultime sale Matthias Stom, artista negletto della scuola caravaggesca, che seppe ancora infiammare gli occhi degli spettatori di Roma, Napoli, Sicilia e Genova. Clicca qui per vedere le opere in mostra
Una risposta
[…] si sdraia. La Madonna coricata si vede soltanto nell’iconografia della morte della Vergine. Il grande portatore di umanità Caravaggio sceglie per le sue Madonne il volto della prostituta Annuccia. E su su fino a Pier Paolo Pasolini […]