La Cina in via Padova non ha paura del coronavirus

Al corteo del 25 aprile, dietro gli striscioni di via Padova

Altro che ghettizzare i cinesi per la psicosi da coronavirus, io che vivo in via Padova non ci penso proprio a emarginare un’etnia. Qui le scuole del Parco Trotter mi hanno insegnato che il sabato si va a scuola per studiare Xuexi hanyu, si studia cinese nei giorni feriali: la scuola si chiama Milan Huaqiao Zhongwen Xuexiao, ed è stata la prima scuola di cinese a Milano, dopo quella del consolato. È stata aperta per non far dimenticare la lingua originaria ai piccoli, poi esiste un’associazione che insegna l’italiano agli arabi. E andando oltre la Città del Sole verso la fine di via Padova (al civico 93) c’è l’asilo nido Il sogno di bimbi. Accoglie bimbi fino a 36 mesi, di norma – perché poi nessuno viene lasciato indietro, e gli ex allievi sono sempre ben accetti. Le cui madri, in uno sforzo enorme per integrarsi o per riscattarsi, hanno trovato un posto accogliente dove lasciare il proprio figlio. Accogliente ed efficiente al punto che anche il Comune, che si trova proprio di fronte, ci manda i casi più gravi. Quelli che lui stesso non riesce a risolvere. Bambini senza documenti, ad esempio. I figli del mare e gli stranieri. Che si uniscono a tutti i bambini esclusi dal servizio nido Comunale. O per problemi di graduatoria o per problemi di documenti. Alcune delle mamme non riescono a pagare. Ma l’asilo non li caccia o smette di nutrirli (e non lo fanno tramite Milano Ristorazione, ma ristorante!), perché conta soltanto su personale qualificato e volontario.
E qual è il sogno di questi bimbi? Ricevere giocattoli e vestiti usati dismessi dagli altri bambini.
Poi in via Padova, spuntano una quantità innumerevole di esercizi commerciali cinesi, non soltanto ristoranti, dove io non mangio e non per il coronavirus, ma per questione di gusto, ma anche negozi di telefonia e assistenza tecnica che mi vedono di continuo. Perché hanno prezzi imbattibili e sono sempre aperti: durante le feste di natale, ho dovuto mandare un fax urgente e ho potuto farlo soltanto tramite un loro servizio.
In palestra, seguo i corsi di gag sempre lontana da una ragazza cinese e lei l’ha capito: nessun razzismo: è snodata e io mi sento un tronco “arruginito” a suo cospetto. Mi ha spiegato che loro sin da piccoli a scuola fanno stretching. Io a scuola giocavo a palla prigioniera, cercando di farmi colpire il prima possibile, così mi mettevo tra i prigionieri a non fare più niente.

Via Padova, sempre disprezzata per la sua multietnicinità, ne ha saputo fare un valore aggiunto e così via Padova non ha paura del coronavirus.  Perché in via Padova nessuno è straniero.

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