Gli orrori dell’emergenza Covid

Quel che più mi irrita della seconda ondata di questa emergenza pandemia è la pubblicità di uno spray nasale usato in piena notte da un padre che con suo figlio non riescono a dormire disfatti dal raffreddore. Ecco cosa mi manda in bestia: i due sorpresi nella notte da tosse e starnuti, coprono le loro emissioni non con le mani, ma – come prevedono le leggi antiCovid – coprendo bocca e naso con la parte interiore del gomito. Io non ci riesco nemmeno da lucida, figurarsi i n piena notte! E Scemo +scemo sono così scemi che si rimettono a letto sdraiandosi culo all’aria. Non si sa perché.
Voi penserete che è molto peggio sottoporsi alle limitazione del dpcm e non poter passare Natale in 500 abbuffandosi oltre i confini fino a orari sconfinati con tutti i parenti, fino agli avi. A me dispiace soltanto non poter stare con mia sorella e i nipotini, ma una videochiamata mi risparmia sgradevoli abbuffate senza fine e l’ipocrisia di sostenere i sorrisi falsi dei parenti serpenti. Anzi potrei mangiare vestita da befana, perché io non sopporto il freddo (come il caldo, d’altronde) e d’inverno mi imbruttisco dentro maglioni su maglioni, mantelle, guanti senza dita, fascione di lana per capelli, non per uscire, ma per stare dentro casa! Solo il pensiero di Antonia che mi sgrida perché sopra i maglioni ho la mantella e lei ha incredibilmente caldo e apre la finestra mentre io indosso un altro strato per scaldarmi: è una lotta continua. E se la folla non mi mancherà affatto, figurarsi le abbuffate che non mi sono mai piaciute, nemmeno prima della dieta, ora che nevo rimanere ore a vedere ruminare i commensali ne faccio ancora di più a meno.
A me quello che più inorridisce di questo Natale 2020 è la chiusura di troppi gli esercizi commerciali, non soltanto i ristoranti attorno non soltanto a casa mia,ma anche nei posti che mi capita di frequentare. Mi stavo mettendo d’accordo con mia sorella per vederci in stazione centrale dove lavora e dove sarà questo lunedì, ma mi ha raccontato che anche lì tutti i locali hanno chiuso, quindi sarebbe difficile mangiare insieme. Il Covid anche nell’iperattiva Milano ha fatto un’ecatombe di chiusure attività. Oltretutto ogni luogo frequentato è come una madeleine di Proust: vederne insegna e intravedere dalla claire abbassata le vetrine e i prodotti porta con sé una ventata di ricordi che investe gli occhi appannandoli.
E, qui a Milano, ha anche chiuso una catena chiuso Bio C’Bon, una catena di supermercati biologici, dove io mi rifornivo quotidianamente all’uscita da lavoro. Il colpo di grazia potrebbe essere arrivato dalla pandemia che ha portato molte famiglie in difficoltà economica a dover ridurre la spesa dei prodotti non necessari o troppo cari.  perché anche la povertà è cresciuta nel capoluogo lombardo, come dimostrano le immagini delle code interminabili al Pane quotidiano di viale Toscana. E con tutti i disoccupati della catena, l’orrore del Covid è anche questo:  per la sempre minore disponibilità di punti vendita di settore.

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