Into the wild – Errata corrige
Mei giorni scorsi ho rivisto Into the wild e mi è tornata in mente la doppia recensione che avevo pubblicato qui su Alimentarmente l’ho riletta e ho capito che non avevo capito niente del film di Sean Penn, che ribadisce con questo film di essere un eccellente regista, probabilmente anche perché me lo ricordavo poco.
Quindi, voglio scrivere a distanza di anni la mia errata corrige. Anche perché la vecchia Miki ha attraversato e percorso lo stesso cammino di allontanamento fino alla totale privazione dalla/della società dei consumi. Il cancro e poi la pandemia mi hanno tolto non soltanto la salute, ma anche il lavoro e mi hanno aperto gli occhi sulla caducità delle cose e sul loro possesso. In realtà mi è sempre importato molto poco della proprietà e dei soldi, che – pensate – faccio persino fatica a toccare, tanto mi fanno schifo! Allora ho pensato a quello che mi ha detto recentemente un mio amico: “Tu odi Lisa Simpson perché tu sei Lisa”. È vero non sopporto i saputelli – caratteristica che riferivo anche al protagonista di Into the wild – perché mi danno fastidio i saccenti che si credono superiori, proprio perché io stessa non sopporto la monnezza della società attuale, della serie “La musica contemporanea mi butta giù”.
La nuova Miki – che ha perso il lavoro e i soldi che le permettevano di concedersi tutti i vizi che a Dante non sarebbe bastata la Divina commedia per cantarli e tutti contarli – rilegge Into the wild in mood Alimentarmente, che ripudia tutto quello che l’industria altera per profitto. Effettivamente è facile avere a nausea la società dei consumi soprattutto quando la si mette a confronto con quella meravigliosa, infinitamente più immensa, del creato incontaminato. Al nuovo Christopher McCandless, talmente nuovo che si cambia nome in Alexander Supertramp non resta che bramarlo, cercarlo e alla fine raggiungerlo. Credo sia il senso di infinito, quello che cerca.
In realtà raggiunge l’autenticità bramata già prima dell’Alaska dove vive in estrema solitudine, nel momento in cui abbandona la famiglia naturale e ogni bene materiale, ma in compagnia di altri preziosi genitori, che incontra nel suo cammino, che altro non è che un viaggio di crescita personale, che tocca, infatti, tutte le tappe della vita dell’uomo che scandiscono i capitoli del film.
Poi lascio la recensione la copio-incollo dalla precedente – con qualche modifica in luce della mia rilettura – scritta dalla vecchia Miki, perché la nuova la condivide, a ribadire che non sono tanto cambiata:
Poi Chris finisce per trovarsi in posti da Fino alla fine del mondo di Wim Wenders. Un po’ inizio a invidiarlo, a sognare a occhi aperti la sua solitudine nell’immensità, a desiderare un silenzio interrotto dai soli rumori della natura. Ecco vorrei essere lì io a fargli compagnia …O forse no? Solo arrivando fino alla fine del film si intuisce il protagonista In to the wild non sta per fare una bella fine. Vorresti confortarlo, offrirgli sostegno, una parola di tenerezza… No, dai, ora mi spiace, mi sento quasi in colpa. Oddio, pure la carne piena di vermi e mosche… Ma che sfiga! Per lui Hollywood non ha previsto un atterraggio d’emergenza dopo una lotta spaziale, ma l’approdo a una morte dolorosamente lancinante e quel che è peggio, consapevolmente cercata.