Nuovi resti del mausoleo di Massimiano trovati a Milano

Trovare nel futuro il passato. È successo a Milano la settimana scorsa, quando, durante i lavori di scavo per la metro 4, sono emersi altri resti del monumentale mausoleo di Massimiano, il quale stabilì a Milano la capitale dell’Impero romano mentre Diocleziano governava nell’Urbe. I resti databili IV secolo sono emersi tra la piazza davanti alla chiesa di San Vittore e la via omonima, proprio di fronte al Museo della Scienza e della Tecnica. Ci sono andata qualche mese fa per vedere la mostra su Marte che si tiene all’interno del museo. Per tornare in zona Porta Romana le linee che mi aveva indicato internet erano tutte sballate dai lavori in corso. No comment, ma mi piace pensare che ho camminato sopra questa futura scoperta di un passato glorioso. Il mausoleo ha davvero proporzioni gigantesche. Dall’alzato ricostruito della struttura fortificata che circondava la necropoli, tratto da “Immagini di Mediolanum – antologia e storia di Milano dal V sec. a.C. al V sec. d.C.” di Donatella Caporusso, Maria Teresa Donati, Sara Masseroli, Thea Tibiletti. Edizioni civiche Raccolte Archeologiche e numismatiche di Milano, il mausoleo è a pianta ottogonale, come quello di Diocleziano a Spoleto. Il numero 8 “sdraiato” diventa simbolo dell’infinito, perfetto per un luogo che deve custodire per l’eternità ultraterrena il corpo di un grande uomo. Come il palazzo di Diocleziano a Spalato, che probabilmente ha suggestionato non poco questo disegno ricostruttivo. L’edilizia funeraria costantiniana è ripresa anche nelle imponenti mura con torri – anche queste ottogonali – angolari che lo circondano e proteggono da eventuali saccheggi, ma – ci dice Milano – anche dal tempo. I lati del mausoleo dovevano essere lunghi oltre 7 metri, e le pareti erano alternate tra pieni e vuoti con 8 nicchie semicircolari e rettangolari, che girano intorno alle mura fino a chiuderle o aprirle dinnanzi a un imponenente ingresso. All’interno, le pareti sono scandite in mattoni rosso, tipici del milanese. Il piano superiore doveva essere dotato di una galleria ricavata nello spessore delle murature, arricchita dai mosaici. Tra il IX e il X secolo l’edificio venne trasformato in cappella di S. Giorgio e annesso alla chiesa di S. Vittore al Corpo, fino a quando, in occasione del rifacimento della chiesa stessa nel XVI secolo, venne abbattuto. Anche sul pavimento probabilmente erano mosaici. Dentro l’area murata, tombe sia pagane, con piccoli corredi funerari, sia cristiane. Il sarcofago dell’Augusto fu fatto costruire in prezioso porfido egiziano, il cui colore violaceo ricorda evidentemente quello della porpora imperiale. Dopo vari spostamenti questo è divenuto il fonte battesimale del duomo di Milano. Sant’Ambrogio, che l’avrebbe iniziato nel 387, pare essersi ispirato alla costruzione ottagonale dal mausoleo imperiale di Massimiano: i catecumeni, entrando nel battistero, dovevano così provare la sensazione di entrare in una tomba per farvi morire l’uomo vecchio che era in loro e – come dice san Paolo – risorgere a nuova vita nell’acqua lustrale.
Massimiano condivise il titolo di “Augusto” dal 1º aprile 286 al 1º maggio 305 proprio con il suo amico, co-imperatore e superiore Diocleziano, le cui arti politiche erano complementari alle capacità militari di Massimiano, il quale stabilì la propria capitale a Milano, ma passò gran parte del proprio tempo impegnato in campagne militari contro i barbari.
C’è un altro mausoleo di epoca imperiale a noi pervenuto: il mausoleo di Adriano, oggi Castel sant’Angelo a Roma. Condivide con i precedenti la pianta non ottagonale, ma pur sempre centrale, ad indicare la ciclicità ad aeternum del tempo. La chiesa cattolica per affermare la propria supremazia lo faceva letteralmente impossessandosi e sovrastando i monumenti artistici dell’antica Roma: gli obelischi venivano coronati di croce, si appropriavano delle iconografie pittoriche e musive tipiche dell’impero. Insomma, i cristiani non hanno inventato niente. E il mausoleo di Adriano subì la stessa sorte. Anch’esso era in porfido, come specifica l’iscrizione del monumento Bonanni numismatico: “I quattro parti dello tempio d’Andriano furono quatro chavalli di rame indorati e di quattro parti furono le porte di rame. In ogni lato dello giro era lo sepolcro da Adriano, lo quale fui di porfirite e ch’è ora ha Leterani, là dove giace Innocenzo papa Sechondo”. Anche in questo caso il porfido del sarcofago imperiale fu trasportato in un battistero, quello di san Giovanni in Laterano, mentre il rame delle porte fu riutilizzato per fondere le porte di San Pietro, come da insolente pratica papale, la quale fece gridare a Pasquino, a proposito del Pantheon: “quello che non hanno fatto i barbari, lo hanno fatto i Barberini”.

I resti appena rinvenuti non sono attualmente visitabili, mentre i lavori della linea metropolitana sono stati momentaneamente interrotti dalla Sovrintendenza di Milano.

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