La Pink slime della carne dell’industria alimentare

Cerco sempre di evitare di parlare di carne perché non ne so nulla. Da piccola la mangiavo raramente, sempre più raramente, quasi mai, dalle scuole superiori affatto: avevo preso il cane. Non ne sopporto né l’odore, tantomeno la vista. Vicino a casa mia hanno aperto una mega macelleria dove i corpi delle povere bestie sono appese in quell’odore di morte in vetrina: attraverso la strada. Non capisco proprio come si possa mangiare carne. E nemmeno mia madre e mia sorella la mangiano né la cucinano per mio padre, l’unico della famiglia onnivoro, purtroppo ora con il piccolo mal educato all’asilo. E così non appena andiamo al ristorante ordina per sé una bistecca, con tutti noi che lo guardiamo male. Franco Berrino era rimasto molto meravigliato dalla mia totale apatia quando mi comunicava che era meglio se smettevo di mangiare carne e formaggi: per me era ordinario. Meno per il pesce, che mangio, ma fa bene e quindi non è vietato. Non parliamo della carne venduta nei fast food. Ne avevo uno, famosissimo negli anni Ottanta, proprio vicino al liceo e, vista la giovane età e la conseguente poca disponibilità economica, tutti i miei compagni spesso mangiavano lì enormi hamburger impilati tra formaggi cremosi e pane molliccio. Soltanto il sesamo mi suscitava una reazione diversa da quella del disgusto. Ma le patatine fritte, quelle sì, rare volte le ho prese: sapevano di olio, della patata il sapore non esisteva affatto. Non ci ho mai più messo piede dentro un fast food. La coca cola l’ho bevuta soltanto con il rum e neppure tante volte, preferendo jin lemon e birra. Quindi il fast food non era certamente la mia meta per le mie pause pranzo.
Alla sua uscita avevo visto Super size me, il film documentario del 2004 diretto e interpretato da Morgan Spurlock. Per me era stato una conferma e soprattutto una cartina tornasole che portava a caratteri cubitali la scritta HO RAGIONE IO. Eppure qui a Milano i fast food continuano a spuntare come funghi, mentre il mondo vegano è deriso se non addirittura odiato. Ma mi è stato confermato che i fast food vanno ancora di moda da un servizio di The Food Revolution della BBC, condotto dallo chef inglese Jamie Oliver. Che ha vinto una battaglia contro la più nota catena di fast food del mondo: il McDonald’s, con tanto di dimostrazione televisiva in cui denuncia il mondo dei fast food, accusandolo di utilizzare carni di scarsa qualità allungate con materiali di scarto quali ossa, cartilagini, tendini e poi sbiancate con idrossido di ammonio. Non da meno i loro Chicken McNuggets, le crocchette di pollo da loro vendute e realizzate con scarti di ossa e cartilagini. Pink slime, altrimenti conosciuta come melma rosa, è un prodotto bovino finemente triturato, risultato del processo che separa la carne magra dal grasso, i pezzetti di osso, i tendini, le cartilagini e gli altri “scarti” derivanti dai tagli più pregiati e redditizi. Solitamente questa parte andrebbe scartata e invece viene trattata con idrossido di ammonio e ridotta in poltiglia e utilizzata largamente nei mangimi per animali e serve però anche ad aumentare il volume di hamburger, ma anche wurstel e salsicce venduti dall’industria alimentare in tutto il mondo. Secondo le stime, nel 70% dei prodotti a base di carne, è presente la pink slime. Questa poltiglia viene trattata con quello più comunemente conosciuto come idrossido di ammonio il quale viene utilizzato perché serve ad aumentare il ph del prodotto riducendo il rischio della creazione di batteri pericolosi per il consumatore.L’idrossido di ammonio, per questo,  è regolarmente autorizzato  dalla Fao, dalla Oms e dalle autorità sanitarie dell’Unione Europea, considerando anche il fatto che questo trattamento viene effettuato anche in altri prodotti presenti in commercio.
Sicuramente questo procedimento riduce di molto i rischi nel consumo di questo prodotto, ma non è assolutamente sano.
McDonald’s ha deciso di cambiare la ricetta della sua carne. Tuttavia, la Beef Products Inc, ai tempi principale produttore della melma rosa, che era stata costretta a chiudere diversi impianti per il crollo delle vendite, e aveva interrotto la preparazione di pink slime, nei giorni scorsi ha annunciato la ripresa della lavorazione. Adesso però quando si parla di poltiglia rosa si usa il termine assai più neutro e meno preoccupante di Lean Finely Textured Beef, ossia manzo magro e finemente tritato.

Andiamo avanti così: facciamoci del male, direbbe Moretti, davanti e una Sacker senza panna.

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