La gita fuoriporta di Pasquetta? Tra i Caravaggio di Roma
Non ho capito bene cosa si festeggia il Lunedì dell’Angelo, per fare un pezzo a tema, quindi mi sono affidata ai luoghi comuni. Non quello del picnic, perché il pranzo al sacco è troppo complicato da farsi per noi messi a dieta. Ho pensato invece alla gita fuoriporta di Pasquetta. Io probabilmente andrò in una bella e profumatissima tradizione milanese: il mercato dei fiori che si tiene sin dal 1200 in piazza sant’Angelo, ça va sans dire, di fronte alla chiesa e al Convento dei Frati Minori di Sant’Angelo. La tradizionale gita di pasquetta non la farò perché sto programmando altri viaggetti per quando il tempo sarà migliore, quindi cerco di risparmiare, ma riciclo il pezzo che ho scritto questo inverno, quando sono andata a Roma dal 16 al 19 novembre e mi sono messa a scrivere durante il viaggio in treno il resoconto in direttissima minuto per minuto, con la musica a palla in cuffia, un anticipo anche per un eventuale viaggio alla capitale per il concertone del Primo maggio.
Italo ‘nfame: in ritardo di 55 minuti, mica so’scemi che ti fanno 60 minuti e poi sono tenuti a risarcire il 25%. Che oltrettutto hanno sovrapposto due treni con uguale destinazione creando una confusione per cui tutti salgono per riscendere alla stazione successiva: i migliori complimenti. Per fortuna sono di buon umore perché sto andando a Roma. Roma mi piace da impazzire, forse perché non ci vivo, visto che la Raggi pare il demonio. Le buche di Roma: attraversate sulle strisce pedonali di via della Salle nella Milano di Sala. Io sprofondo nell’inferno dall’anno scorso, ma guai a colmare la buca: è colpa della Raggi se c’è e deve occuparsene lei. Sala pensa piuttosto a riaprire la cerchia dei navigli, che reputa più importante della manutenzione ordinaria, tanto a lui nessuno dice niente. Aveva garantito lo avrebbe prima richiesto ai milanesi tramite referendum, ma intanto l’argomento si fa sempre più incombente, si bandiscono innumerevoli concorsi per dare fama alla bellezza dei navigli, il sindaco apre la centrale dell’acqua in via Cenisio, sulla Martesana un chiosco per noleggiare canoe e battelli: ma il canale non è navigabile? Certo Milano diventerebbe ancora più bella come metropoli sull’acqua, ma già così traffico e inquinamento immobilizzano e soffocano la popolazione, figurarsi se chiudessero le vie (tra le altre Melchiorre Gioia) per i lavori. E i costi? Ho sentito in giunta giustificarli con la presunzione che i milanesi sarebbero contenti di versare qualche tassa in più per contribuire a rendere più bella la città. Quando sono andata a Ercolano, guardando dal litorale verso la città non si distingueva la città antica riemersa dalle macerie da quella contemporanea cui non importa di completare le facciate. Certo costano! Chissenefrega dell’arredo urbano. Nel paese natale di mia mamma in Sicilia, una delle fontane centrali pioveva alghe melmose. Ho scritto al sindaco per sottolineare l’importanza del decoro urbano e lo immagino d’accordo con me, dal momento che il giorno dopo la fontana era stata ben ripulita.
Ne giorni scorsi guardavo rai5, mi capita spesso di ascoltare i concerti sinfonici e cantare ad alta voce, senza vergogna. Lo faccio anche qui sul treno, tanto mi sente soltanto un cagnolino con il muso imbrociato perché sono stonatissima. Al punto che ai concerti non canto più le canzoni a squarciagola per non rovinare la serata ai vicini. Ho una sete pazzesca, ma non bevo perché so che poi dovrei correre al bagno e quello dei treni è davvero una cloaca maxima. La trattengo, ma soffro. L’altro giorno guardavo rai 5 un documentario su Testori e dietro carellavano le immagini degli affreschi di Gaudenzio Ferrari. Può sembrare da pazzi, ma ho pensato che sarabbe uno dei pochi motivi per cui varrebbe la pena avere un bambino (richiede troppa generosità, per i miei gusti!): portarlo a Varallo. E perché no? A Roma. La città eterna culla e cuore non soltanto della nostra civiltà, ma dell’intero mondo occidentale. La città degli imperatori e di tutti gli artisti. Dei pini marittimi. Dei ponti. Dei musei. Del marmo e del travertino. Del Tevere, di Trastevere. Del cinema italiano quello bello: di Pier Paolo Pasolini, Federico Fellini, Elio Petri. Della musica indie contemporanea. Del diritto e della giustizia, vedi il Palazzaccio! Delle raccolte d’arte più belle di Italia e del mondo. Non mi manca un museo romano da vedere! Ma rivedrei tutte le collezioni, una per una, senza mai stancarmene. Raccontano della monnezza per le strade bucate invase da topi e persino maiali. Mi arriva un messaggio sul cellulare: sui mezzi pubblici, occhio agli zingari. Via Padova mi ha addestrata alla strada, ma non ai maiali randagi! E va beh un goccio d’acqua lo bevo! “Chi per strada va’, per strada more” – canta Mannarino, e io con lui. Il cane sembra implorare pietà e ha accartociato su loro stesse le orecchie, come a tapparle per non sentire. Forse dovrei cambiare genere, ma la voce e soprattutto l’intonazione non cambia. Ora una bimba mi guarda allibita: l’ho traumatizzata. Invece il ragazzo con il carrello bar passa per la seconda volta e mi ride di nuovo in faccia. Va bene, non so cantare, ma mi piace farlo e poi questo viggio pare senza fine. Devo occupare il tempo e così vado su instagram, su cui seguo Damien Kempf, che posta immagini e illustrazioni medievali. Mostri terrificanti, uomini scheletro. Sono a Firenze: un’altra ragione per avere un figlio!
Il cane è sceso. Era molto bello, io ne vorrei uno. È tornata la mia vicina di posto, si era allontanata con un’amica. Ora c’è odore di posacenere mai svuotato. Avranno fumato in bagno? Motivo in più per non bere e di conseguenza andarci. Però mi scappa e ho una sete tremenda. I mostri medievali sono orrendi. Tuttavia il Brutto è una categoria estetica molto affascinante. Maledizione: il treno ha cambiato direzione di viaggio: devo spegnere il pc o mi verrà la nausea. Niente musica, niente scritttura soltanto cattivo odore di posacenere. Ora sarei dovuta essere a Roma e invece chissà quanto tempo mi ci vorrà ancora.
Il computer lo avevo spento davvero, quindi ora mi affido ai ricordi. Alla fine sono arrivata nel pomeriggio nell’airbnb che la mia amica Maeve ha prenotato. Lei è arrivata da Barcellona in aereo, mettendoci la metà del mio tempo e senza un minuto di ritardo. Ho sete, ho fame, devo fare pipì scendo dal treno e mi precipito al bar finalmente a bere e poi fare pipì. Chiedo al punto Atac quali mezzi mi conviene prendere per arrivare al mio alloggio. Mi spiegano nel dettaglio e salgo sull’autobus, su cui non c’è nemmeno un piccolo vuoto. Un anziano signore mi fa spazio tra le sue braccia, ma non vedo l’ora di scendere perché davvero si soffoca. Scendo e mi incammino verso l’airbnb in Trastevere. Faccio la doccia fredda e mi preparo per raggiungere l’altra amica che qui si è trasferita. Ceniamo tutte insieme e chiacchieriamo. Per il resto del soggiorno io e la mia amica Maeve non prenderemo più gli autobus, ma ci muoveremo esclusivamente e piedi o in macchina. Per questa gita di Pasquetta, in base ai giorni che avete a disposizione, potrete godervi le bellezza che preferite, ma io consiglio di vedere in una giornata tutto il Caravaggio che c’è nelle chiese di Roma, perché è tanta roba. E inizierei visitando la basilica di Santa Maria del Popolo, perché sorge in una delle grandi piazze di accesso al cuore della città. Così vasta che il cor si spaura. E dentro alla basilica ci sono proprio tutti: Pinturicchio, Bramante, Raffaello, Bernini, Annibale Carracci e Caravaggio. Del Merisi è la Crocifissione di San Pietro, alzato sulla croce a testa in giù, per differenziarsi da Cristo, che soltanto a guardare, il sangue va alla testa. Alla forza illuminata dei becchini, tutti con una parte in penombra si contrappone di traverso San Pietro, tutto bagnato nella luce e lascivo sul martirio, non accettato con serenità, come dimostra la fronte corrucciata. In questo aspetto tanto umano spesso Caravaggio riprende i suoi martiri. In particolare, Il martirio di Sant’Orsola, ultimo capolavoro del Merisi, ritrae la martire livida in un volto che guarda triste quella punta che le ha trapassato il ventre e che Orsola cerca di togliere. C’è tristezza e malinconia a dover lasciare una vita che, tutto sommato, alla santa doveva piacere. Nell’opera di santa Maria del Popolo, la croce è doppia perché oltre a quella caratterizzata realistcamente dalle venature del legno, su cui Pietro muore, si sovrappone quella che formano i corpi dei tre operai con quello del santo. È importante notare per le prossime tappe del nostro minitour i piedi del becchino sotto il santo tanto sporchi da essere nerissimi. Stessi piedi sozzi del viandante della Madonna di Loreto (o dei Pellegrini), nella cappella Cavalletti di sant’Agostino, si affaccia sulla soglia una giovane bellissima donna con passo vezzoso ad accogliere due pellegrini lordati dal viaggio e supplici probabilmente acqua e pane. Vestono di stracci a differenza della Vergine che indossa un abito rosso scuro coperto sulle spalle da un manto blu scuro e velato sopra la spalla sinistra. Panciuto e già troppo grande per stare in braccio il Bambino. I curatissimi ornamenti dello stipite fanno immaginare un uomo di casa che sa il far suo, ma l’intonaco accanto caduto o crepato lascia immaginare che spesso sia anche assente. I due pellegrini invece vestono stracci e cingono stretti i bastoni-sostegni indispensabili per un lungo cammino.
Tra le Chiese che ospitano Caravaggio dal 1599, da non perdere è la cappella Contarelli , in San Luigi dei Francesi, oltre piazza Navona. Qui sono ospitati ben tre capolavori della produzione caravaggesca, tutti dedicati alla figura di San Matteo: La Vocazione di San Matteo, il Martirio di San Matteo e San Matteo e l’Angelo. Partiamo da quest’ultimo perché che operai e pellegrini abbiano i piedi sozzi era accettato in Chiesa, mentre non poteva esserlo per un santo. Altra grave offesa al santo, Caravaggio la fa guidandogli la mano per scrivere il Vangelo. Ai frati non piacque l’affronto di un’evangelista semianalfabeta e rifiutarono il capolavoro. Chi poteva spiegare loro che il vangelo così era scritto da mano divina? Per questi motivi, la prima versione di San Matteo e l’angelo fu rifiutata e rifatta nella seconda tuttora esposta in chiesa.
La Vocazione di San Matteo è probabilmente il lavoro romano più noto per l’uso della luce salvifica che inonda e sceglie Matteo come apostolo, ma lui fa finta di niente, malgrado tutti lo indichino, rinforzando il messaggio della luce, lui invece continua a rimanere attaccato al suo mondo di ludopatia e di miseria che conta pochi spiccioli. Il martirio di san Matteo è collocato in Chiesa, come tramandato dalla Legenda Aurea, secondo cui l’apostolo venne ucciso dopo una messa. La folla astante scivola su una sorta di piattaforma inclinata, alla maniera teatrale, che ha l’effetto di avvicinare i personaggi allo spettatore e aumentare il patos della raffigurazione. Al centro del quadro San Matteo giace a terra dopo essere stato colpito dal suo carnefice, il personaggio seminudo (probabilmente il falso neofita) che gli blocca il braccio; il corpo di quest’ultimo è tornito, a ricordo dell’Adamo della Sistina di Michelangelo. Anche lui non accetta di buon grado il martirio ma si difende cercando di ripararsi con mani e braccia che para davanti al colpo. Le due quinte teatrali sono lo stesso uomo ripreso a sinistra da tergo, a destra frontalmente, coperti dallo stesso perizoma. Tutti gli altri vorticosamente ruotano intorno a vittima e carnefice.
Per chiudere il cerchio di tutte le opere del Merisi custodite nella città eterna mancano quelle esposte nei musei, che però immagino presi d’assalto a Pasquetta, quindi suggerisco di ammirare soltanto quelli delle Chiese. I musei possono valere un’altra visita. Restano da vedere La Maddalena Penitente, Riposo durante la Fuga in Egitto e San Giovanni Battista visibili nella Galleria Doria Pamphilj. Il soggetto Giovanni Battista è visibile anche a Palazzo Corsini e nei musei Capitolini. Galleria Borghese fa il pienone con i capolavori più celebri: Giovane con cesto di frutta, Bacco Malato, Madonna dei Palafrenieri, S. Girolamo, S. Giovanni Battista e Davide con la testa di Golia. I Musei Vaticani accolgono la Deposizione di Cristo, con il ventaglio di piangenti il Cristo morto, che ritrae il momento in cui Gesù Cristo sta per essere seppellito nella tomba interrata e deposto nel tradizionale sepolcro da cui risorge. Ma Caravaggio è solito scegliere tradizioni e soluzioni alternative.