Lo Ieo scopre una nuova proteina contro il tumore ovarico

L’8 maggio è stata la giornata Mondiale del tumore ovarico, tuttavia Alimentarmente in questi giorni ha avuto difficoltà operative che non ci hanno permesso di aggiornarvi tempestivamente su novità importanti, come la ricerca dello Ieo sul profilo genomico del DNA e trascrittomico del RNA dei vari modelli considerati.
Il cancro ovarico è in assoluto uno dei più aggressivi e insidiosi tra i tumori femminili. Soltanto nel 2020 sono state stimati circa 5.200 diagnosi e 3.000 decessi. Nell’80% dei casi questo tipo di tumore viene, infatti, scoperto troppo tardi, quando è impossibile intervenire.
Tutta colpa dell’asintomaticità o dei sintomi facilmente confondibili con altre patologie che tardano a emettere diagnosi corrette se non quando il tumore è ormai a stadi avanzati.
Un gruppo di ricercatori dell’Istituto Europeo di Oncologia, in collaborazione con ricercatori della Fondazione IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza di San Giovanni Rotondo, ha identificato una successione di mutazioni molecolari che sembrano causare la progressione del carcinoma ovarico più diffuso e più aggressivo. Lo studio è stato coordinato da Ugo Cavallaro, Direttore dell’Unità di Ricerca in Ginecologia Oncologica dello Ieo.
Il team di ricerca dello Ieo ha scoperto che la proteina Cd73 è un fattore determinante delle cellule staminali cancerose Csc, di cui regola diverse attività pro-tumorali. Le Csc sono, infatti, una piccola popolazione di cellule malate che non vengono colpite da chemio e radioterapia: anche quando sembra che inizialmente il tumore reagisca bene alle cure, le Csc possono farlo ripartire innescando una ricaduta: nel caso del tumore dell’ovaio la complicazione più nefasta è proprio la recidiva perché molto spesso, una volta ritornata, la neoplasia è diventata resistente ai farmaci.
Cd73 consentirebbe da un lato di bloccare le staminali tumorali che alimentano la malattia, dall’altro di attivare le naturali difese immunitarie ‘armandole’ contro il cancro. Lo studio è pubblicato su ‘Stem Cell Reports’ e consultabile per intero a questo link.

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