La Carità, la Bellezza ma non la Conoscenza in mostra a Milano

L’uso improprio dei titoli o delle locandine delle mostre mi ha sempre fatto infuriare perché dimostrano quanto il sistema culturale in Italia sia scadente e miri al basso e al facile.
Mi riferisco all’annuale mostra aperta gratuitamente al pubblico fino al 15 gennaio a Palazzo Marino, dal titolo La carità e la bellezza, mostra con opere di Sandro Botticelli, Beato Angelico, Filippo Lippi e Tino di Camaino. Perché mettere per primo il nome del pittore della Venere di Botticelli? Proprio per questo perché Botticelli tra i quattro toscani è il più noto, o per dirla in linguaggio di giornalismo web Botticelli è il più Seo sensitive. Ma certo la sua Madonna con bambino non è il capolavoro della mini-rassegna sulla toscana tardo-gotica e rinascimentale. E quello che più mi disturba è che i curatori ne sono pienamente consapevoli al punto che la mostra è sponsorizzata dai curatori e recensita da tutti i giornali con l’immagine della Madonna con bambino di Filippo Lippi, che nessuno non è. Per non parlare di Beato Angelico, il cui misticismo ha spalancato le finestre con meravigliosi affreschi con i quali i suoi confratelli al Convento (oggi Museo) di San Marco a Firenze potevano fare dei viaggi spirituali e mentali che li potevano portare al di fuori di quelle cellette austere scelte dai domenicani. Chi non conosce la sua Annunciazione? Anche lui è meritevole tanto quanto il buon Sandro. Bisogna offrire conoscenza, non sponsorizzarla, o perderebbe di autenticità.

Beato Angelico, affresco di una cella del Convento di San Marco a Firenze.


Il punto è lo stesso della mia invettiva contro le Meraviglie d’Italia di Alberto Angela che non ha saputo darci nessuna informazione nuova rispetto al trito e ritrito sul Cenacolo di Leonardo.
Dopo aver scritto questa introduzione polemica, ho rivisto Una giornata particolare di Ettore Scola. Al primo incontro dei protagonisti della pellicola, Antonietta è attratta da un libro che Gabriele subito sottolinea quasi scocciato si intitola I tre moschettieri, poiché il romanzo di Dumas è stato ripreso da cinema, teatro, persino cartoni animati sempre con titoli diversi, ma l’originale è I tre moschettieri, che Gabriele vuole prestare alla donna, ma Antonietta si giustifica di essere troppo ignorante per leggerlo in breve tempo e lo rifiuta. Dopo aver lasciato l’appartamento dell’inquilino di fronte, lui bussa alla sua porta con la scusa di riportarglielo. Galeotto fu il libro simbolo dell’importanza di conoscere, verbo che in questo film si può meglio intendere come prendere conoscenza, perché Gabriele illuminerà la coscienza offuscata della dirimpettaia. Tanto che nel finale, mentre inizia a leggere il prezioso regalo, quando lei vede portare via il vicino dal suo appartamento capisce dove sta venendo (de)portato. E avviene perché è bastata quella lettura consapevole per seguir virtute e canoscenza reale. Per la prima volta Antonietta è risvegliata da nuove riflessioni. Gabriele allora comincia a parlare di sua madre. Dice che anche se non era un uomo era comunque un genio perché dipingeva, lavorava come contabile ed era lei che mandava avanti la famiglia e che prendeva tutte le decisioni. “L’unica decisione che prese mio padre fu quella di andarsene di casa”. Infatti, il bellissimo Gabriele, femminista ante tempore in era fascista machista e fuori dal genere, le ha fatto capire la realtà che si cela dietro l’inganno delle immagini ritagliate e raccolte del duce che Antonietta, come tutta la sua famiglia venera acriticamente. Ma alla fine di quella giornata particolare, dopo quell‘incontro che quasi ha del miracoloso per le vite di entrambi i protagonisti, lei finalmente conosce veramente. Ed è una conquista meravigliosa per la donna, così come per l’uomo, salvato dalla voglia di salvare. Gabriele fa tutto quello che può e persino quello che non potrebbe, pur di favorire lo sviluppo umano di quella vicina sottomessa a una famiglia e un regime padre padrone.
Il problema è questo: ci propongono un conoscere già selezionato a priori e che non evolve, né ci evolve: troppo spaventoso perdere le redini del popolo ritenuto erroneamente bue.
Erroneamente perché anche alla mostra di Palazzo Marino si allunga la coda davanti e dietro (dove il pittore abbozza un altro dolcissimo volto in carboncino) al Lippi, che distrae dalla Madonna del latte di Botticelli, la quale meno cattura gli occhi dei visitatori pur forte del volto di estatica bellezza della Vergine. Sì perché siamo davanti a una Madonna del latte, che il piccolo si appresta a succhiare dal seno materno appena spogliato, mica come quello nudo della Madonna del latte di Jean Fouquet, sicuramente la più famosa.


Jean Fouquet, Madonna del latte, 112,7 x 104 cm 15th century. Credit foto © Wikipedia

Soggetto troppo audace, quindi vietato dopo il concilio di Trento. È sempre stato così: non dobbiamo conoscere, è troppo pericoloso. Anche la Carità di Tino di Camaino che accoglie i visitatori non appena si entra in Sala Alessi mostra due neonati in arrampicata sui seni di una madre che a differenza delle altre in mostra non è ritratta in una dolcezza del viso davvero esemplare della categoria estetica del Bello, sembra piuttosto androgina e richiamare la statuaria volumetrica paleocristiana, infatti, Tino di Camaino viene dalla scuola gotica di Nicola e Giovanni Pisano. Sulla fronte, la guancia di sinistra e il mento si possono notare anche i segni dello scalpello a riferirci la distanza dal metodo moderno di matrice canoviana che prevede la rifinitura con abrasivi, che porta all’effetto della «vera carne» .

Tino di Camaino, Carità. II decennio XIV sec.
Firenze, Museo Bardini

Sia la madonna di Botticelli che quella di Lippi sembrerebbero avere le sembianze di Simonetta Vespucci, la Sans par, che aveva fatto perdere la testa a Giuliano de’ Medici, fratello di Lorenzo, ma che morì di tisi soltanto a 23 anni, poco dopo che conobbe il signore fiorentino. Sandro Botticelli la dipinse in moltissimi ritratti – la Venere altri non è che la Senza paragoni – anch’egli rapito dall’incantevole bellezza della ragazza, di cui si sparse la voce fosse amante.

Sandro Botticelli, Madonna col Bambino. 1490 ca, tempera e tempera grassa su tavola
Firenze, Museo Stibbert
È Simonetta Vespucci?

Anche la Madonna di Lippi non mi sembra tanto diversa da Simonetta – a meno che una pari l’avesse pure lei e che a quei tempi alla corte medicea fossero tutte donne togli fiato – d’altronde Lippi fu maestro di Botticelli e lavorò nella stessa corte. Soltanto che Lippi mostra anche la sua sapienza di orafo, tessendo le aureole di madre e figlio con due aureole di punti croce realizzate con minuscoli inserti di foglie d’oro, che fanno sì che le aureole trasparenti nell’iconografia tradizionale acquisiscano invece rilievo e ci ricongiungano con il tardogotico, del quale dirimpetto dovremmo aspettarci un esemplare altissimo di Giovanni da Fiesole, la cui produzione fu talmente sublime, da fargli meritare, quando si fa frate domenicano, il nome di Beato Angelico.

Filippo Lippi, Madonna col bambino. 1466-69, Tempera su tavola
Firenze, Palazzo Medici Riccardi


E qui mi tocca aprire un’altra polemica: l’opera in mostra ancora non c’è fino al 20 dicembre – informazione omessa sia sul sito del Comune che all’ingresso, dove siamo assiepati in coda al gelo dicembrino di Milano – che chi non subisce non può conoscere, ma anche il cielo vorrebbe una giacca, qualcuno si sente persino male, ma l’informazione non va assolutamente data: facciamoli mettere in coda: li pensiamo scemi, ma Beato Angelico attira. Dentro al posto della pala del Beato c’è una lastra in plexiglass, indegna sostituta di due dei soggetti tipici del tardogotico e del frate domenicano: L’adorazione dei Magi (si pensi a quella di Gentile da Fabriano) sormontata da cimasa con un’Annunciazione che è sicuramente il tema più rappresentativo al mondo di Beato Angelico.

Beato Angelico, Annunciazione, 1437-46. Museo di San Marco a Firenze.

Chissà quanti domenica 11 dicembre sono andati a Palazzo Marino proprio per ammirare il prezioso tabernacolo appartenente al Museo di San Marco? Io, per esempio. Clicca il link in didascalia per vedere i dettagli delle opere in mostra a Palazzo Marino.

https://www.comune.milano.it/mostra-palazzo-marino-2022


E dopo la pars destruens, posso passare alla pars costruens.
Quel che più considero innovativo e propositivo dell’esposizione del Comune è che non rimane chiusa nel centro peraltro affollatissimo sotto le feste di Milano e, quindi, esclusiva per i fighetti che abitano in centro, ma dal 13 dicembre è diffusa in tutti i municipi del capoluogo lombardo attraverso luoghi destinati a chi vuole conoscere: le biblioteche, finalmente. Finalmente l’amministrazione Sala si ricorda che esiste un’altra grande Milano lontana dalla Madonnina, la bella periferia che raccoglie la maggioranza dei residenti. Ogni sera, devo attraversare luoghi malavitosi lasciati al buio per il risparmio energetico e in bolletta, sì per garantire al centro a ogni metro un albero di Natale più luminoso del gilet di Renzo Arbore nel Pap’occhio. Invece con la mostra diffusa nelle biblioteche milanesi bellezza e carità saranno alla portata di tutti.


Infatti, basterà andare sotto casa a ritirare i documenti che uno chiede in prestito per poter ammirare gratuitamente otto tele provenienti da diversi istituti milanesi che testimoniano la fervente attività di assistenza, misericordia e carità nei confronti dei soggetti più bisognosi e fragili. Oltre a prestiti provenienti dalla GAM–Galleria d’Arte moderna di Milano GAM – dalla quale arriva in biblioteca Sicilia una delle opere di maggior pregio della mostra diffusa: Alle cucine economiche di Porta Nuova, realizzata da Attilio Pusterla, e dal Castello Sforzesco, la mostra vede esposte opere provenienti da alcuni istituti di assistenza cittadini che possiedono un prezioso patrimonio artistico, testimonianza della generosità di tanti benefattori nei secoli: Fondazione Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico (da cui l’altro capolavoro della mostra diffusa: L’angelo del soccorso. Allegoria in memoria di Clara Gola Dugnani Rogeri di Villanova di Pietro Chiesa), Istituto dei ciechi di Milano, Istituto Golgi Redaelli, Istituti milanesi Martinitt e Stelline e Pio Albergo Trivulzio. Clicca qui per vedere le immagini della mostra diffusa e a questo link per scoprirle.

Pietro Chiesa, L’angelo del soccorso. Allegoria in memoria di Clara Gola Dugnani Rogeri di Villanova @Flickr – Comune di Milano

La mostra diffusa porta a Natale l’arte in tutti i Municipi della città, offrendo un’esperienza culturale insolita da farsi in biblioteca.

Municipio 2 – Biblioteca Crescenzago
13 dicembre 2022 – 13 gennaio 2023
Arturo Albertazzi, Allegoria in memoria di Francesca De Maestri Colleoni
(da Istituto dei Ciechi di Milano – Museo Louis Braille)

Municipio 3 – Biblioteca Valvassori Peroni
13 dicembre 2022 – 13 gennaio 2023
Luigi Scaramuccia, San Carlo presenta alla Madonna e a San Giuseppe le orfanelle e gli orfanelli
(da Istituti Milanesi Martinitt e Stelline e Pio Albergo Trivulzio)

Municipio 4 – Biblioteca Oglio
13 dicembre 2022 – 13 gennaio 2023
Cerchia di Orazio Gentileschi, Madonna che allatta il Bambino
(da Pinacoteca Castello Sforzesco)

Municipio 5 – Biblioteca Tibaldi
13 dicembre 2022 – 13 gennaio 2023
Anonimo pittore emiliano, Elemosina di santa Elisabetta d’Ungheria (copia da un originale di Bartolomeo Schedoni)
(da Pinacoteca Castello Sforzesco)

Municipio 6 – Biblioteca Sant’Ambrogio
13 dicembre 2022 – 13 gennaio 2023
Angelo Morbelli, Inverno nel Pio Albergo Trivulzio
(da GAM Galleria d’Arte Moderna)

Municipio 7 – Biblioteca Sicilia
13 dicembre 2022 – 5 gennaio 2023
Attilio Pusterla, Alle cucine economiche di Porta Nuova
(da GAM Galleria d’Arte Moderna)

Municipio 8 – Biblioteca Gallaratese
13 dicembre 2022 – 5 gennaio 2023
Pietro Chiesa, L’Angelo del Soccorso (Allegoria in memoria di Clara Gola Dugnani Rogeri di Villanova)
(da Fondazione Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico)

Municipio 9 – Biblioteca Niguarda
13 dicembre 2022 – 5 gennaio 2023
Giuseppe Vermiglio, San Giovanni Battista
(da Istituto Golgi Readelli)

Ingresso libero durante gli orari di apertura al pubblico, consultabili al link delle biblioteche.

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