C’è una correlazione tra covid-19 e Pm10
Non potete immaginare quanto mi inorgoglisca scoprire che a volte ho delle intuizioni che poi si rivelano veritiere. Sono orgogliosa soprattutto perché, alla visita chirurgica per l’asportazione della massa tumorale mi hanno avvisata che avrei potuto subire dei deficit cognitivi e la minaccia mi turbò tremendamente, perché io ho sempre studiato molto a scuola, ancora di più all’università, ma soprattutto indipendentemente perché mi ritengo molto odissea, legata, in particolare, ai versi danteschi, che ho cercato di fare miei: “Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza”. Che ancora oggi, dopo tanti di quegli interventi al cervello che ho perso il conto, e la radioterapia, ossia l’”incendio” dell’area dove stava il tumore, la mia arguzia e logica siano intatte e lucide, mi riempie di gioia.
Stamattina la mia amica Lella mi ha mandato una pagina de “Il Manifesto” con il titolo: “Il coronavirus può legarsi al Pm10 e infettare di più nelle aree inquinate”, citazione di Leonardo Setti dell’Università di Bologna. Ho subito pensato alla mia supposizione condivisa su Alimentarmente nel pezzo intitolato: Lo smog causa il coronavirus: teoria da ‘Cecità’, uscito il 14 marzo 2020 e scaturito semplicemente dalla sovrapposizione delle cartine dell’Ispra che seguivo da tempo per l’allarme smog in pianura padana e quelle del contagio in Italia. Setti e il suo team hanno avviato la ricerca alla fine di febbraio, quando “si cominciavano a osservare le prime evidenze di una possibile correlazione tra la diffusione del virus collegata alle aree di maggior inquinamento in Cina”. E poi, ricercatori e scienziati di tutta Italia hanno fatto quello che ho fatto io: raccolto i dati sull’atmosfera di Ispra e ho notato che erano coincidenti con le aree maggiormente contagiate dal covid-19. Basti pensare che Bergamo e Brescia erano le due città più inquinate nei giorni immediatamente precedenti l’emergenza pandemia. Io ho guardato Italia, loro Cina. “La correlazione […] suggeriva che le microgocce virali possano aggregarsi al microparticolato atmosferico, formando degli aggregati stabili in grado di raggiungere le persone a distanze superiori a 7 metri e questo moltiplicava”. “Un’ipotesi già ampiamente supportata dalla letteratura scientifica per altri virus, come morbillo, aviaria, febbre suina, Kawasaki e diverse Sars”. Hanno redatto, quindi, un position paper inviato alla Regione Emilia Romagna e al governo in data 13 marzo e reso pubblico il 27, dopo non aver ricevuto risposta dagli enti governativi.