Lenticchie: monetine d’oro nel piatto

Non soltanto a Capodanno le lenticchie dovrebbero davvero essere consumate tutto l’anno. Primo perché sono buone, è credenza antica portino fortuna e, anche se Alimentarmente non crede a queste superstizioni, per una volta, cediamo a un po’ di ottimismo (Soltanto perché mi piacciono un sacco)!
Si tratta, tra l’altro di una credenza molto antica: i Romani, infatti, regalavano la “scarsella”, un borsellino di cuoio che conteneva lenticchie, con l’augurio che si trasformassero in monete d’oro. Ma sono i valori nutrivi e le virtù benefiche che hanno a renderle manna dal cielo (o dal frassino?).
Sono ipocaloriche: 100 grammi di lenticchie secche cotte apportano circa 92 calorie, così ripartite: 66% carboidrati, 30% proteine, 4% lipidi. Inoltre sono ricchissime di fibre, che permettono a questi legumi, come a tutti gli altri, di abbassare il colesterolo e impedire che i livelli di zucchero nel sangue si innalzino rapidamente dopo un pasto. Importante è anche la presenza di elementi fondamentali per il nostro organismo, come sodio, calcio, ferro, fosforo, magnesio, zinco, rame, selenio, e vitamine del gruppo B, come la tiamina, la riboflavina e la niacina.
Costituiscono una buona fonte di proteine, ferro, acido folico e fibre: per noi che seguiamo un regime prevalentemente veg, sono , dunque un ottimo e più sano sostituto della carne, e per chi ha subito interventi chirurgici importanti per asportare le masse tumorali sono ideali, per far stabilizzare il ferro, anche se purtroppo spesso non sufficienti. Le fibre aiutano a sentirsi sazi più rapidamente e facilitano il transito intestinale.
Hanno, inoltre, proprietà antiossidanti per la presenza di isoflavoni, molto utili nella lotta contro i radicali liberi. La tiamina (vitamina B1) favorisce la memoria e la concentrazione, mentre la vitamina B3 (o vitamina PP) aiuta l’organismo a gestire l’energia e a ridurre i trigliceridi nel sangue.
Controindicazioni? Per chi soffre di colite. Se decorticate, possono essere assunte anche in caso di sindrome dell’intestino irritabile; in caso si possono lavorare usando il passaverdura, così da poter eliminare le bucce, e renderle, quindi, a prova di digestione. O meglio, lasciandole in ammollo e poi cuocendole in alga kombu, che poi non deve essere consumata perché assorbe le tossicità della buccia.

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