In giro per il Fuorisalone: l’insostenibile pesantezza della materia
Come alleggerire la consistenza della materia? È uno degli obiettivi più antichi che il design si è prefissato e che l’edizione 2014 del Fuorisalone ha risolto con differenti suggestioni. Le solide pareti di Marazzi, che partecipa alla mostra The Art of Living alla Triennale di Milano con un’installazione realizzata in collaborazione con l’architetto Paolo Gonzato, spezzano l’andamento rigoroso delle lastre in gres effetto legno Treverkchic con colori brillanti che reinterpretano lo spazio cucina in volumi leggeri. Persino le luci, complementi immaterici per eccellenza, vengono ulteriormente smaterializzate preferendo paralumi che sembrano di vetro soffiato, come sceglie di fare Foscarini nel distretto di Brera, che con Glass Drop fluidifica la sostanza servendosi di una riflettente superficie laccata e, con le lampade da tavolo Yoko, “espone” bolle di sapone impalpabili, del tutto affini alle lampadine Deware Light firmate David Derksen Design in Lambrate Ventura. Oppure Foscarini spezza i volumi con Spokes, le sospensioni di Vicente Garcia Jimenez e Cinzia Cumini, che guardano alle antiche lanterne orientali, così come alle più domestiche voliere e ai raggi di una ruota da bicicletta, da cui la collezione prende il nome. La lampada contiene la luce che contemporaneamente filtra fuori. Idea complicata ulteriormente da Rick Tegelaar, che all’interno di Berlin Reflect in Ventura sospende una lampada composta da tre scolapasta impilati l’uno sull’altro, ragnatela di luci e ombre sulle pareti circostanti. Altre due lampade tele di ragno, sembrano ventose sgommate aggrappate alla parete. Berlin Reflect impreziosisce un gommista di Lambrate in spazio espositivo grazie a una “imbottitura” di carta stagnola, che copre pareti e pavimento. Anche le sedute scelgono e combinano insieme queste soluzioni. Per esempio, quelle di TOG in corso Garibaldi sono composte da spalliere in materiale plastico teso ma elastico e colorato sopra una struttura trasparente di policarbonato. Calligaris, a Lanza, invece svuota le spalliere della linea Gamera, disegnata da Dondoli e Pocci in una plastica innovativa che permette la massima resistenza e spessori minimi. Spotti, infine, nel distretto di Porta Venezia, presenta la nuova collezione di tessuti per l’arredo e accessori firmata da Raf Simons per Kvadrat. Come svuotare della sua essenza coprente un tessuto? Prediligendo i colori freddi e il bianco e conferendo una tattilità fragile che impiega fantasie che sembrano “crepare” e astrarre gli elementi. Da inserire in guardaroba altrettanto diafani. Come quelli di intaglio in carta di bambù, che con seggiole, muovono un passo ancora più deciso in questa “rivoluzione materialistica”, trasformando una fibra senza peso come la carta in una forma solida, stabile e organica. Fogli di carta di riso irregolari all’Università degli Studi di Milano vengono sagomati in origami-appendiabiti e lampade Luò, che coniugano in un pezzo unico la semplicità del design e la finitura naturale. E ancora vasi-guscio o sedie-guscio. Come Gù, la sedia realizzata con carta di bambù lavorata a partire esclusivamente da fibre naturali in storici villaggi intorno a Yuhang, distretto cinese della provincia dello Zhejiang. L’idea è quella di estrarre il materiale dal suo contesto originale per modellarlo nelle forme domestiche. Il guardaroba ramifica con l’appendiabiti, che pare un albero, di Gunnar Petersen o lo stendipanni dorato di Studio Berg che, anche con un gigantesco uovo-contenitore all’apparenza massiccio, in realtà di estrema leggerezza, gioca sul peso della materia, o meglio, sulla sua insostenibile pesantezza.