Palazzo reale si illumina dell’immensità di George de La Tour

Georges De La Tour, Maddalena penitente (The Repentant Magdalen), 1635‐1640 ca., olio su tela, 113 x 92,7 cm [121,9 x 136,5 cm (con cornice)] - National Gallery of Art, Washington D.C., U.S.A., Ailsa Mellon Bruce Fund

George de La Tour è messo a confronto con “L’Europa della luce”, a Palazzo Reale di Milano, dal 7 febbraio al 7 giugno 2020 [la mostra è stata prorogata fino al 27 giugno 2020]. Una mostra realizzata grazie ai prestiti di 26 istituzioni museali di tre continenti. È evidente l’influenza che Caravaggio esercitò sul pittore francese, tuttavia, guardando al di là della luce, tante sono le differenze dal Merisi. Si mettano a confronto Il denaro versato di La Tour con La vocazione di Matteo all’interno della chiesa di San Luigi dei Francesi a Roma, si scorge subito che il nostro pittore usa la luce non per un mero fattore estetico come pare più marcatamente in quello d’oltralpe. In questo Caravaggio, più che in ogni altro, la luce è evidentemente dio, in spirito convertitore che cala su Matteo. Lo fa evidentemente, rendendo cieca la finestra e ponendo come sorgente il braccio indicante del Cristo elettore. E Matteo pare non volerne sapere della chiamata, rimanendo testa china sulle monete, e poco più in là sul libro dei conti, rimanendo ancora avidamente stretto alla sua cattiva condotta di usuraio. I personaggi seduti al tavolo sono immagini di persone del popolo, abbigliati con abiti contemporanei al pittore i due militi. Scene simili sono riprese da La Tour ne I giocatori di dadi, che sembra più ispirarsi a Piero della Francesca del luminoso Sogno di Costantino, ; ne La negazione di Pietro, il cui volto traditore è semi oscurato dalla luce della candela cui è esposto, e che si riflette sulle armature dei soldati intorno e il più simile di tutti: Il denaro versato, posto al centro della rappresentazione con il registro dei pagamenti e la scarsella piena di soldi e ricevute, sotto lo sguardo disperato e da essi distolto della vittima degli strozzini tutti attorno a non lasciargli scampo. In Caravaggio, le figure e i dettagli sono frutto di una attenta e rigorosa osservazione della realtà, considerata degna di rappresentare il fatto divino, incarnato, appunto nell’umanità del popolo e nel quotidiano. L’attenzione all’uomo del popolo è ancora più esaltata da Caravaggio nel telero vicino alla Vocazione all’interno della Cappella Contarelli su cui rappresenta Matteo e l’Angelo, nella sua prima versione respinto dai frati perché è la mano dell’angelo a guidare quello dell’apostolo per scrivere il Vangelo, manco l’Evangelista fosse analfabeta. Lo rifa, senza rinunciare alle sembianze da contadino per Matteo, che stacca vistosamente dall’angelo in volo sopra di lui. E poi taglia dalla vista i piedi nella prima versione esposti allo spettatore che se li trovava proprio ad altezza del naso. E si sa che i piedi caravaggeschi raramente sono puliti, come quelli di quegli sporcaccioni pellegrini con i piedi neri e zozzi in ginocchio davanti alla Madonna dei palafrenieri. Ma anche la Sacra famiglia del Riposo durante la fuga in Egitto non ha badato a farsi un pediluvio prima di farsi ritrarre. Non importava se camminare a lungo inevitabilmente comportasse piedi coperti di polvere.

Anche La Tour prende in prestito per i suoi santi le fattezze di popolani. San Filippo, che sempre i più grandi artisti hanno rappresentato come il più commosso e commovente di tutti gli apostoli – si pensi all’Ultima cena di Leonardo, o allo straziante Martirio di San Filippo di Jusepe de Ribera conservato al Museo del Prado, appeso alla croce come carne al macello.
Il pittore di Lorena gli china il capo sulle mani giunte in preghiera, ma anche a sostenere il crocifisso – suo attributo, intrecciate così fortemente che stringono a esse pure lo sguardo dello spettatore. Chissà invece quale delinquente aveva scelto come modello per il suo Giuda Taddeo sfregiato in volto.

L’ultimo San Giovanni Battista nel deserto in mostra è invece così contemporaneo a noi, che ne conosciamo la produzione, pare quasi opera del Simbolismo in cui la luce fa vibrare l’animo di chi guarda il santo capellone. La Tour procede con un‘estrema semplificazione della composizione, spingendosi verso un’assoluta concentrazione formale, “ai bordi del nulla”, disse Jean Pierre Cuzin.
Le donne, invece, sono bellissime in entrambi i secenteschi. La Maddalena penitente ora in mostra a Palazzo Reale, opera più famosa del pittore francese, è Madonna di luce stilnovista con i seni prosperosi bagnati dalla candela che invece abbagliano rendendo ancora più terrificante il cranio sotto, dipingendo una Maddalena tra Eros e Tanatos. Sensualissima anche la penitente del Merisi, seduta e rannicchiata su se stessa, dai capelli rossi, come il peccato, con il seno abbondante stretto nel corpetto sopra,  e la gonna damascata da gran signora sotto. Ai suoi piedi perle, ori e olio profumato in una brocca di vetro utile per dilettare il pittore milanese nel rendere la trasparenza e fragilità della materia. Così come l’educatrice della Vergine  di La Tour potrebbe benissimo uscire dal pennello di Ingres, mentre la Vergine bambina abbagliante legge bene l’uso della luce caravaggesco.
E l’uso che della luce fa LaTour è messo a confronto in mostra con tutti gli artisti europei della luce prima, contemporanei e dopo di lui. All’inizio del percorso espositivo l’Allegoria della Logica di Paulus Bor ci mostra i contatti fruttiferi di La Tour con i fiamminghi, lui che addirittura pare essere evocato da Vermeer ne La donna anziana. E l’uso dell’allegoria torna alla fine per mano di Gherardo delle Notti, che bagna di luce la sua Vanitas ammonendola come la Maddalena con il teschio iconografia del memento mori.
Nella sezione che illumina la notte, San Sebastiano curato da Irene dei primi anni Venti del XVII secolo oggi ai Musei vaticani, rimanda allo stesso soggetto realizzato da La Tour nel 1640 circa. La notte del secondo è molto più cupa di quella del primo che incontra anche una infermiera che sembra più sicura nel fornire cure. E c’è il Giobbe deriso dalla moglie che sconvolge per l’umiliazione che deve subire il suo corpo piagato nella pelle e nella sensibilità. Come l’Arianna di Paulus Bor, tutta rughe e pensieri  stretti nel turbante, quasi per non farli scappare via, ma continuare a turbare per sempre la donna.

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Aggiornamento del 9 giugno 2020: Ha riaperto a Milano a Palazzo Reale la mostra Georges de La Tour: l’Europa della luce, inaugurata il 7 febbraio scorso, chiusa per l’emergenza sanitaria dal 24 febbraio e riaperta poi per una sola settimana dal 2 all’8 marzo. I 28 musei prestatori da 3 continenti hanno tutti accettato di prorogare il prestito delle 33 opere sino al 27 settembre, permettendo dunque di visitarla per altri 4 mesi, con le misure di sicurezza stabilite dalle autorità governative e regionali.

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