Cosa è meglio mangiare?

Daniele e i suoi compagni in affresco del Romanino in Sant'Antonio Abate, Breno.
Daniele e i suoi compagni in un affresco del Romanino all'interno della chiesa di sant'Antonio Abate, Breno.

Il re [Nabucodònosor re di Babilonia] ordinò ad Asfenàz, capo dei suoi funzionari di corte, di condurgli giovani israeliti di stirpe reale o di famiglia nobile, senza difetti, di bell’aspetto, dotati di ogni scienza, educati, intelligenti e tali da poter stare nella reggia, per essere istruiti nella scrittura e nella lingua dei Caldei. Il re assegnò loro una razione giornaliera di vivande e di vino della sua tavola; dovevano esser educati per tre anni, al termine dei quali sarebbero entrati al servizio del re. Fra di loro vi erano alcuni Giudei: Daniele, Anania, Misaele e Azaria; però il capo dei funzionari di corte chiamò Daniele Baltazzàr; Anania Sadràch; Misaele Mesàch e Azaria Abdènego.

Ma Daniele decise in cuor suo di non contaminarsi con le vivande del re e con il vino dei suoi banchetti e chiese al capo dei funzionari di non farlo contaminare. Dio fece sì che Daniele incontrasse la benevolenza e la simpatia del capo dei funzionari. Però egli disse a Daniele: «Io temo che il re mio signore, che ha stabilito quello che dovete mangiare e bere, trovi le vostre facce più magre di quelle degli altri giovani della vostra età e io così mi renda colpevole davanti al re». Ma Daniele disse al custode, al quale il capo dei funzionari aveva affidato Daniele, Anania, Misaele e Azaria: «Mettici alla prova per dieci giorni, dandoci da mangiare legumi e da bere acqua, poi si confrontino, alla tua presenza, le nostre facce con quelle dei giovani che mangiano le vivande del re; quindi deciderai di fare con noi tuoi servi come avrai constatato». Egli acconsentì e fece la prova per dieci giorni; terminati questi, si vide che le loro facce erano più belle e più floride di quelle di tutti gli altri giovani che mangiavano le vivande del re. D’allora in poi il sovrintendente fece togliere l’assegnazione delle vivande e del vino e diede loro soltanto legumi. […]Terminato il tempo stabilito dal re entro il quale i giovani dovevano essergli presentati, il capo dei funzionari li portò a Nabucodònosor. Il re parlò con loro, ma fra tutti non si trovò nessuno pari a Daniele, Anania, Misaele e Azaria, i quali rimasero al servizio del re; in qualunque affare di sapienza e intelligenza su cui il re li interrogasse, li trovò dieci volte superiori a tutti i maghi e astrologi che c’erano in tutto il suo regno. Così Daniele vi rimase fino al primo anno del re Ciro.

Rubo l’incipit di questa articolo al Libro di Daniele della Bibbia, non perché lo ritenga il Verbo, né per il suo valore scientifico, ma in quanto da buona “umanista” ne riconosco il valore letterario e di documento. Gli stessi riferimenti si trovano, inoltre nel volume Il cibo dell’uomo, principale fonte delle informazioni che AlimentarMente offre nella sezione I grezzi, e che mette in pratica ( o almeno ci prova) nella sezione Ricette.
Insieme con il libro di Daniele, Franco Berrino cita altri due passi dell’antico libro:

Vi do tutte le piante con il proprio seme, tutti gli alberi da frutta con i propri semi. Così avrete il vostro cibo

(Genesi 1,23)

Il Signore tuo Dio sta per farti entrare in un paese fertile: paese di torrenti, di fonti e di acque sotterranee che scaturiscono nella pianura e sulla montagna; paese di frumento, di orzo, di viti, di fichi e di melograni; paese di ulivi, di olio e di miele … Mangerai dunque a sazietà

(DT 8, 7-10).

Con tutte queste citazioni bibliche, Lei non si sta convertendo sulla via Damasco, tanto meno intende improvvisarsi santona evangelizzatrice… Ma condivide un contenuto che è lo stesso che AlimentarMente vuole trasmettere: il cibo di cui dobbiamo nutrirci è quello che mette a disposizione la natura. E, visto che c’è, Lei prende pure le distanze dal dio vendicativo dell’Antico Testamento, rivendicatore di essere lui il primo produttore dei frutti della Terra.

Gli alimenti base dell’uomo sono cereali integrali, legumi e verdure. Ma nei paesi capitalisti, soprattutto nell’ultimo secolo, il cibo dell’uomo è diventato il prodotto: sulle tavole abbondano soprattutto carne e latticini, una volta consumati saltuariamente, e alimenti che in natura nemmeno esistono, perché a “prepararli” ci pensano le macchine. Basti pensare allo zucchero, alle farine raffinate o agli estratti tramite mezzi chimici. Peggio ancora ai grassi idrogenati.

Torniamo, dunque, a un sistema ante e anti capitalista.

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Una risposta

  1. 8 Settembre 2014

    […] male del secolo a partire dal XVII secolo, ossia in coincidenza con la Rivoluzione industriale e alimentare. Stanislaw Tanchou, nel 1830 circa, osservò che a Parigi le morti per cancro ammontavano a circa […]

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