Il Polittico ricomposto di Piero della Francesca al Poldi Pezzoli

allestimento di Italo Rota. Foto di Marco Beck Pecoz

I polittici di sacre conversazioni mi hanno sempre attratta perché raggruppano tanti capolavori in un o gigantesco, figurarsi se è la mano di quello che io reputo uno dei migliori autori dell’arte rinascimentale e tutta: Piero della Francesca. Fino al 24 giugno 2024, il Museo Poldi Pezzoli di Milano espone per la prima volta le otto tavole di un polittico agostiniano del pittore rinascimentale risalente al 1469 e provenienti da New York, Lisbona, Londra e Washington. 555 anni fa, Piero realizzò il polittico per l’altare maggiore della chiesa degli agostiniani a Borgo San Sepolcro (Arezzo), iniziato nel 1454. Il borgo natio di Piero raccoglie ancora oggi alcuni dei capolavori del pittore: un altro polittico, quello della Misericordia, con la Madonna al centro che ci accoglie nel suo ventre, lievitato del figlio, aperto a guisa di sipario; la Resurrezione che al centro stavolta dipinge il Figlio in piedi al vertice di una piramide sulla cui base accascia i soldati addormentati con vesti dai colori che alternano rossi e verde; in quello centrale proprio sotto i piedi di Cristo il soldato ha i lineamenti di Piero della Francesca, che probabilmente si autoritrae: capelli ricci, occhi grandi, rotondi e incavati, mento pronunciato segnato da fossetta, labbra carnose.

Sono gli stessi colori indossati dai tre soldati ai piedi del Crocifisso che si giocano le vesti del morto che li sovrasta e si oppone alle tre Marie dolenti, la Madonna sviene per il dolore insopportabile del figlio perduto, che le segna il volto è segnato, per una volta straziato e non luce di dolce bellezza come Piero della Francesca sempre è solito ritrarre la Madre.
Nella Crocifissione, per enfatizzare l’ubicazione esotica, fa indossare al guerriero sotto la croce un taschetto all’orientale: un tipo di elmo appuntito e concluso da un pennacchio che si era diffuso in Asia sin dal XIII secolo e nell’impero bizantino, già usato negli affreschi aretini della Vera croce.

La Crocifissione, 1454–69
Olio e oro su tavola, 37.2 x 40.3 cm
The Frick Collection, New York


La luminosità della pittura di Piero della Francesca deriva da un uso dei colori ad olio alla fiamminga. Come i maestri d’oltralpe, l’aretino usa quasi esclusivamente l’olio come legante e, appunto come i fiamminghi, egli applicava delle velature semitrasparenti in modo sottilissimo e ricercatissimo, che gli consentivano di rendere la prospettiva atmosferica del cielo e dettagli quasi trasparenti, come gli effetti del cristallo di rocca del pastorale di Sant’Agostino, delle pietre preziose luccicanti sulla lorica di San Michele, di cui intravediamo ammirati il colletto merlettato.
La luce è protagonista di tutta la sua arte: diurna, notturna, divina o naturale, ma sempre credibile, unificante, significativa di un pensiero dell’arte come mezzo di conoscenza, comprensione e scoperta del mondo inteso come un tutto.
Nel polittico è resa grazie alla foglia d’oro che unifica i fondali delle opere nella predella del polittico, ve n’è una profusione tale da rimandare al tardogotico, se non fosse per lo spazio ricostruito perfettamente con rigore matematico, impiegando le grandi scoperte scientifiche della prospettiva, fondante il Rinascimento, e gettando, di fatto, le basi per quella che oggi chiamiamo terza dimensione, frutto della mente e del calcolo, tuttavia nei suoi capolavori appare reale, viva e vitale grazie al colore che, anche quando risulta freddo nella brillantezza come nella trasparenza, non manca di dare sostanza e concretezza allo spazio, di dare verità alla materia e calore ai corpi.

San Michele Arcangelo, 1454–69
Olio su tavola 134.5 x 59.5 cm
The National Gallery, Londra


San Michele arcangelo è bellissimo con boccoli d’oro, sotto un’aureola solida che meglio s’addice a un guerriero a capo della milizia celeste degli angeli di Dio contro Lucifero, serafino, cioè fratello degli Arcangeli. Impugna la spada sanguinante, detta per via della curvatura della sua lama, «storta». Al Museo Poldi Pezzoli sono conservate due storte molto simili. Si tratta di un’arma piuttosto diffusa tra le fanterie tardomedievali europee, che è parente prossima del falcione. L’impugnatura in tessuto o cuoio blu, è in tinta con la corazza. Nell’altra mano l’arcangelo stringe la testa di un mostro rettiliano, come il serpente, simbolo del male, il cui corpo giace sotto i suoi calzari rossi, simili a pantofole pontificie, allacciati da stringhe passanti in minute asole preziose. Accanto al piede destro, un drappo cascante da un gradino fatto di un velluto broccato cremisi foderato di ermellino, dalla massima ricchezza, nonché i gradini di porfido, pietra dall’assonanza regale fa intuire la presenza nel pannello centrale del polittico di una Vergine in trono, probabilmente, dunque, campeggiava una Incoronazione della Vergine, inginocchiata ai piedi del figlio per ricevere la corona, non dissimile alle figure di composizioni di Filippo Lippi, artista fiorentino con cui Piero collaborò, mentre l’invenzione di Piero stesso fu d’ispirazione alla grande Pala di Pesaro di Giovanni Bellini.


La sacra incoronazione agostiniana doveva essere guardata oltre che dallo spettatore e dai santi a grandezza naturale, da due angeli, infatti, lungo i bordi dei pannelli che nel polittico stavano accanto al perduto scomparto mediano, ci sono degli elementi della sua composizione. Con l’uso dello stereomicroscopio gli studiosi con analisi diagnostiche sostenute da Fondazione Bracco hanno scoperto le ali, rosa e blu, di due angeli spandendosi dal centro e andando ad affiorare le figure di San Michele e San Giovanni Evangelista. Sono state cancellate dopo lo smembramento del polittico, che fece del San Michele e del San Giovanni Evangelista dei pannelli indipendenti, nei quali quelle ali isolate non avrebbero avuto senso. Ma ne rimangono dei frammenti minuscoli, come si può vedere nel video nella sala accanto alla ricostruzione del polittico allestita come ultima opera dall’appena scomparso Italo Rota.

Sant’Agostino, 1454–69
Olio su tavola 135.5 x 66.5 cm
Museu Nacional de Arte Antiga, Lisbona


È prezioso anche il broccato d’oro di Sant’Agostino, i cui paramenti sacri sono indubbiamente i più lussuosi e con pianeta e mitria narrative scene della vita di Gesù (dall’Annunciazione alla Deposizione) e santi a mezza figura, a ricordare la grande sapienza del teologo Padre della chiesa. Rileva di nuovo la stesura ad olio alla fiamminga la trasparenza vitrea del bastone episcopale in cristallo di rocca, la seta dei guanti, il brillare dei gioielli. E anche il volto del santo ritratto con notevole individualità fisiognomica, che fa presupporre uno studio dal vero di un modello: il volto mostra i segni dell’età, ma è fermo e con gli occhi pieni di rughe e intenso; la barba ordinata, i capelli irsuti, trattati con estrema cura, con variazioni di tono che restituiscono lumeggiature quasi argentee. L’ampia veste nera mette in mostra la plasticità e il solido equilibrio geometrico caratterizzanti Piero della Francesca, che occorre ricordarlofu anche matematico.

San Nicola da Tolentino, 1454–69
Olio su tavola 131.5 x 58 cm
Museo Poldi Pezzoli


La stessa tonaca nera agostiniana è indossata da San Nicola da Tolentino, permanente al Poldi Pezzoli (fu acquistato da Gian Giacomo Poldi Pezzoli, intorno al 1870), che, vista la caratterizzazione fisiognomica, è il ritratto di un vero monaco. Rispetto agli altri santi dipinti è semplice come il parroco di quartiere, meno lussuoso con il suo saio, eppure sempre austero e solenne.
Le indagini scientifiche svolte proprio su questa tavola hanno permesso di esaminare i vari strati dell’opera d’arte, dagli strati pittorici superiori, visibili a occhio nudo, agli strati preparatori più profondi, ottenendo una rappresentazione visiva e intuitiva delle caratteristiche e della distribuzione superficiale dei materiali.
Come d’uso ai tempi, Piero usava cartoni preparatori che trasferiva con la tecnica dello spolvero, i cui tipici punti di questa procedura sono ben visibili in alcune porzioni del dipinto e si può supporre fossero presenti anche in altre parti degli elementi architettonici o della figura e che Piero della Francesca possa averli cancellati mentre tracciava il disegno, con un pennello e un inchiostro nero carbonioso. Successivamente definì con ombreggiature gli occhi e la bocca tratteggiando sottili linee sopra, tra e sotto le labbra. Torna l’azzurrite dei cieli che piovono su tutti i santi a grandezza naturale e l’angelico blu oltremare per la copertina del libro nella mano del Santo.

San Giovanni Evangelista, 1454–69
Olio su tavola 134 x 62.2 cm
The Frick Collection, New York

Stupisce la perfetta conservazione della stesura dell’azzurrite del cielo di San Giovanni Evangelista, come quella di tutti gli altri colori del pannello, che doveva stare nell’altro fianco della Vergine incoronata dal figlio, come si nota dal gradino che cela le dita del piede destro, per fortuna senza celare l’orlo della tunica verde petrolio di pietre preziose, perle e filigrana d’oro, talmente magnetico lo sguardo che spiace non vederla nella sua interezza perché coperta dal mantello porpora con vigoroso chiaroscuro nel panneggio, che dà quellagià citata plasticità scultorea tipica di Piero. Rispetto all’angelo è sottile l’aureola. Incredibilmente dettagliato il chiaroscuro delle mani-leggio per il suo attributo – il Vangelo – decorato anch’esso da applicazioni dorate sulla coperta in pelle. Si possono leggere nitidamente anche le decorazioni della balaustra con elementi classicheggianti, quali il fregio a palmette, le paraste corinzie e i dentelli, così come le venature del marmo piedistalli per tutte le sculture di santi che Piero usa come corte della Incoronazione della Vergine. Sono stati proprio questi elementi comuni a permettere di ricomporre il polittico così come dovette essere concepito prima di essere smembrato, dopo il trasferimento degli agostiniani. Infatti, iniziato nel 1454, il polittico, tra le opere di maggiore impegno di Piero della Francesca, fu smembrato e disperso entro la fine XVI secolo. Oggi ciò che resta del polittico agostiniano, ovvero otto pannelli (la tavola centrale e gran parte della predella non sono state finora rintracciate), si trova in musei in Europa e negli Stati Uniti.

I santi a mezzo busto della predella invece sono stati ricollocati nella predella per avere tutti, oltre che simile soggetto, stesso sfondo a foglia d’oro, come quello della Crocifissione, che doveva stare bei riquadri centrali. Santa Monica per l’inclinazione dimostra che stava nella metà sinistra; invece, in base all’opposta inclinazione, nella metà destra dovevano esserci Sant’Apollonia e San Leonardo.


PIERO DELLA FRANCESCA. IL POLITTICO AGOSTINIANO RIUNITO
La mostra è ideata da Alessandra Quarto a cura di Lavinia Galli e Federica Manoli.
20 marzo – 24 giugno 2024 Museo Poldi Pezzoli, via Manzoni 12 – Milano
Lunedì: 10-19:30 con ultimo ingresso alle 18:30
Martedì: chiuso
Mercoledì – Domenica: 10-19:30
Biglietti: Intero: 14€; Ridotto: 10 € (over 65 – Convenzionati); 6€ (11 – 18 anni e studenti fino a 26 anni).
Per informazioni:
02794889/6334
Biglietti acquistabili online sul sito del museo

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