I disturbi dei pazienti oncologici guariti

Dopo un lungo periodo di followup, dalle cui risonanze risulta tutto pulito, quando l’oncologo piano piano allunga i mesi di distanza tra i controlli che pur bisogna continuare a fare, un paziente oncologico, pur rimanendo tale, può credersi guarito. Non pensatelo già al primo controllo, come ha fatto Nadia Toffa, o la vostra ignoranza in materia sarà gravemente punita e ci rimarrete malissimo. L’ho fatto anch’io: le prime risonanze non mostravano nulla di anomalo e già mi esaltavo, fino a che non mi è stato comunicato che dovevano riaprirmi il cranio perché il tumore era tornato. Ma è stato asportato di nuovo e stavolta l’area è stata “ripulita” anche con la radioterapia. Il problema degli interventi al cervello è che, a differenza delle altre aree, per non perdere alcuna funzione neurologica, il chirurgo non può asportare tessuti in misura maggiore di sicurezza o rischierebbe troppo. Ed è successo un’altra volta che la mia risonanza non appariva pulita, ma era l’edema provocato dalla radioterapia, insomma un’infiammazione. Che, per fortuna non si era sviluppata durante il trattamento o avrebbero dovuto curarla con il cortisone che a me dà forti dolori allo stomaco al punto da costringermi a rinunciare al cibo. Ma non era una recidiva e, dunque, ero contenta. Ora supero da molto tempo e bene i followup e di conseguenza, devo rifare la risonanza ogni nove mesi anziché ogni tre mesi. Ammetto che c’è più paura, ma c’è il sollievo di stare bene lontano da un male davvero tremendo. Ora mi sento guarita e mi diverto con mio papà a sottolineare che, nonostante la mia età avanzi – e per fortuna (mai me ne sarei compiaciuta prima)– e io abbia avuto pure un tumore, rispetto a miei coetanei e a persone anche più giovani di me, io sembro molto più giovane. Lui mi lusinga rispondendo che hanno sbagliato diagnosi e il tumore non l’ho mai avuto, gonfiando in modo spropositato la mia autostima. Credo sia la cosa più bella che mai mio padre mi abbia detto!
Nel 2018, sono quasi 3 milioni e quattrocentomila gli italiani che vivono dopo una diagnosi di tumore, pari al 6 per cento dell’intera popolazione.
Cosa rimane dopo la guarigione da un tumore è complicato a dirsi. Innanzitutto bisogna distinguere il piano psicologico da quello fisico. Psicologicamente, io ho scoperto che il mio sfacciato senso di immortalità che ho sempre avuto sin da ragazzina non ha ragione di esistere. E, di conseguenza, ho imparato a trattarmi meglio, dimenticando vizi e storture e alimentando le mie virtù e, anche tramite questo blog, cercando di fare del bene a me e agli altri, tenendomi aggiornata sulla neoplasia in tutte le sue forme, sulla prevenzione e la ricerca. Ho iniziato a mangiare sano, a fare tanto sport, a esercitare il mio cervello a vivere sempre arzillo, vivace e arguto. Perché no, non sono immortale, siamo tutti malati terminali. Durante i ripetuti ricoveri, mi sentivo una cavia da laboratorio che si cercava di aggiustare e ho scoperto il dolore, quello fisico, insopportabile che non ce la fai più. Ho sempre cercato di giocare in famiglia il ruolo della dura, come quei pistoleri che si vedono nei film di Sergio Leone: proprio per questa finta durezza, non ho mai pianto alla notizia di avere un tumore, per dare la forza di sopportare la notizia anche ai miei cari, ma riversavo in una pozza di lacrime quando, uscendo dalla chirurgia, dovevo tenere la testa, che era appena stata aperta, sopra il cuscino che sembrava di pietra. E la gola? Difficile, per una chiacchierona come me parlare, dopo che il sondino mi aveva lacerato le pareti della gola. Ma a me la sofferenza peggiore l’hanno causata i lavaggi alle vene. Davanti a quelli ancora oggi mi si scatena terrore allo stato puro perché senti il fluido scorrere dentro veloce e tirare dietro con sé qualsiasi cosa. Pensavo al cartone Esplorando il corpo umano a tutti quei globuli bianchi e rossi con i marsupi sulle schiene per trasportare l’ossigeno, che, mentre camminavano chiacchierando tra loro per istruire noi bambini, venivano travolti da uno tsunami di fisiologica che brucia in modo infuocato e prude, ma tu non puoi graffiarti dentro le vene. E allora piangevo e sanguinavo dalle vene. Ricordo che coloro che assistevano alla scena, che si ripeteva quasi tutti i giorni perché le mie vene non collaborano e si chiudono non permettendo di estrarre il sangue, erano sconvolti da come ero ridotta, ma non riuscivo proprio a contenermi. E giù lacrime al punto che il cuscino era fradicio. Ancora ora, quando vedo un ago mi sale il panico. Il tumore mi ha fatto conoscere principalmente questi due aspetti: che non sei immortale e che il dolore è troppo insopportabile. Poi c’era l’incubo di stare a letto. Io uscivo fuori dal mio corpo e mi sedevo sulla sedia del parente o amico in visita e mi vedevo con pietà. La notte mi vedevo muovermi per i brividi che scuotevano il mio corpo. E provare a dormire in questo stato di delirio è davvero impossibile. Io la febbre l’ho avuta per oltre un anno: sono più di  365 giorni di temperatura alterata.
Dal punto di vista fisico su di me ho riscontrato un indebolimento deciso del sistema immunitario, che si è praticamente azzerato. È difficilissimo per me stare con i miei nipotini, perché, da quando il grande va all’asilo, è sempre ammalato e io mi prendo tutto. Quindi ci incontriamo soltanto quando entrambi stiamo bene, in compenso ci video-chiamiamo tutti i giorni. Questo è l’unico problema post guarigione che ho riscontrato a livello fisico. Oltre a una spossatezza, credo collegata alle cure e ai medicinali.
E, malgrado tutto, mi è andata bene rispetto a quanto ho letto in un’indagine pubblicata recentemente su Annals of Oncology. Lo studio ha considerato 446 sperimentazioni su 11 riviste scientifiche internazionali, edite tra il 2012 e il 2016 ed è emerso che “Spossatezza, nervosismo, difficoltà ad addormentarsi, lieve dissenteria, mancanza di appetito, gonfiore e secchezza vaginale sono piccoli fastidi molto frequenti fra i pazienti oncologici – ha specificato al Corriere della Sera Stefania Gori, presidente di AiomSintomi che possono peggiorare notevolmente la qualità di vita e, se trascurati, compromettere l’adesione alle terapie, come dimostrato anche recentemente da uno studio che indica come una donna su sei non segue la cura ormonale per il cancro al seno come prescritta, facendo così lievitare il pericolo di avere una ricaduta, sviluppare metastasi e morire. Parlandone con un medico, però, si possono trovare rimedi adeguati e le persone possono riacquistare a pieno il loro benessere”. Si tratta di primo acchito di fastidi di poco conto, ma non per chi li vive in prima persona. Riguardando un vasto numero di pazienti oncologici, Aiom sta cercando di siglare un n patto fra ospedale e territorio per mettere in rete i professionisti (oncologi, medici di famiglia e farmacisti) che seguano il paziente nell’intero percorso di cura e che possano intercettare questi bisogni. Dallo scorso febbraio, è emerso che soltanto il 57% dei pazienti riferisce al medico i piccoli disturbi legati alla malattia o alle terapie, contro il 98% che affronta con l’oncologo gli effetti collaterali ritenuti rilevanti. Il 39% degli oncologi evidenzia la sottovalutazione da parte degli stessi clinici di questi disturbi, che per il 52% possono influenzare in senso negativo l’adesione ai trattamenti.

I problemi dei pazienti oncologici:

Il nervosismo o una condizione di facile irritabilità nei pazienti guariti dal cancro può dipendere dal “vissuto oncologico” unitamente agli effetti a lungo termine delle cure ricevute, che possono dare luogo all’insorgenza di ansia, depressione, stress. In queste situazioni si sono rivelati utili interventi di supporto psicosociale o di “auto-aiuto” (self help), questi ultimi basati sulla semplice erogazione ai pazienti di materiale informativo sulla loro malattia e sulla guarigione. Per il controllo dell’ansia è consigliabile rivolgersi a uno psicologo che, quando necessario, può valutare l’utilizzo di farmaci antidepressivi. Da non sottovalutare, infine, l’impatto benefico che possono avere yoga e meditazione nell’abbassare i livelli di stress, ansia e depressione. L’arte e il prendersi cura di se stessi, aggiungo io. L’insonnia è tra i fastidi più diffusi e può essere contrastata con esercizi di rilassamento, postura e meditazione. Altro fastidio che si propone spesso è la diarrea. È molto importante che un paziente che ha diarrea lo segnali tempestivamente ai medici, per prevenire o trattare la disidratazione che spesso può aggiungersi alle scariche ed è opportuno bere fino a 2 litri d’acqua al giorno, per ripristinare i liquidi perduti, soprattutto in pazienti anziani. Per ridurla è bene prestare particolare attenzione all’alimentazione e aggiungere il kuzu a bevande e frutta.
L’inappetenza è un altro classico, anch’esso da riferire subito al medico. Alcuni consigli dettagliati per la cura dell’appetito sono disponibili sul sito dell’AIMaC- l’Associazione Italiana Malati di Cancro, parenti e amici.
È diffusa anche un’alterazione della sensibilità, in particolare, la neoplasia, o i trattamenti chirurgici o radioterapici sono la causa dell’accumulo di linfa nelle estremità, in gergo linfedema, che si cura con massaggi, pressioni, esercizi che si possono fare in casa, dopo averli imparati da personale specializzato.
Di secchezza vaginale ne soffre una donna su due in menopausa e ben sette pazienti oncologiche su dieci. È causata dalla carenza di estrogeni in seguito alle terapie ormonali e dalla diminuzione delle secrezioni, provoca irritazioni, dolore durante i rapporti sessuali fino a cistiti ricorrenti e infezioni vaginali. Usare lubrificanti vaginali per ovviare al problema.

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Una risposta

  1. 30 Dicembre 2018

    […] sempre più attenzione è posta alla qualità della vita dopo il cancro. Ottimi i risultati di guarigione, considerando gli scarsi finanziamenti alla ricerca italiana, eppure riconosciuta a livello […]

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