Portare la pelle a casa
Mi piace fare la dura, forse perché ho visto troppi spaghetti western e troppo Ken Shiro con i sequel di Mel Gibson, e tra gli ultimi il Commissario Coliandro che è quello che più si avvicina al mio stile di essere un duro tutta chiacchiere e distintivo. Fatto sta che io non mostro mai il fianco. Mai. Quando mi hanno diagnosticato il cancro non ho fatto una piega, anzi ho iniziato a scherzarci sopra, ma me la facevo sotto, soprattutto spaventata che potesse subire qualche deficienza l’intelletto. E invece no. E allora rimetto la corazza, soprattutto per non far spaventare chi mi sta intorno. No, non sono una crocerossina, sono una dura, con le pistole ai fianchi pronte e veloci. No, sono pacifista, ma la pistola più veloce mi affascina sin da piccina.
Eppure la scorsa estate non ho retto: era una giornata che di estivo non aveva proprio un bel niente, anzi l’ira di zeus si vedeva sin dalla terraferma. Il giorno dopo sarei dovuta andare in gita in barca a Levanzo. Il temporale violento si poteva vedere nitidamente dalle saline del trapanese, ma noi duri non ci spaventiamo di pioggia, fulmini e tempesta, così, il giorno dopo, parto lo stesso e mi preparo bene per affrontare una gita in barca indosso il costume e mi ricopro di crema solare 60 perché la mia pelle è troppo sensibile anche se il sole è completamente nascosto, preferisco non rischiare. E, per fortuna, sono stata attenta perché, non appena il barcaiolo ci fa atterrare nella spiaggia prescelta per fare il bagno, ecco che le nuvole si dileguano e il sole acceca e brucia la pelle. Rimetto frequentemente la crema perché io sono una dura, ma ho il terrore di scottarmi, dal momento che mi capita tutte le volte che sono al mare sin da quando sono piccola. Il panico è tale che nelle ore più calde del mezzogiorno di fuoco, io mi nascondo a dormire in pineta ed esco per tornare dagli altri e prendere la barca che ci avrebbe riportati al traghetto per casa soltanto all’orario concordato. Sembro un’aragosta, la pelle tira e brucia dolorosamente. La testa duole, ma non è una novità: ho mal di testa tutti i giorni. Ho i brividi, la febbre e mi isolo dentro il traghetto. Accanto a me strillano e cerco di sopportare le urla, malgrado la testa stia per esplodere e io vorrei fare esplodere le loro ugole, come la dinamite su un treno della ferrovia o in una banca da rapinare. Niente non stanno mai zitti: credono che quello che dicono possa interessare tutto il traghetto e soprattutto me che li odio. Prima fermata: la speranza è che scendano e invece soltanto urla e grida. I miei amici mi raggiungono e chiedono come sto. Come volete che stia? Sono una dura, io. E invece no, crollo e scoppio a piangere terrorizzata di aver preso un tumore alla pelle – cara vecchia e strettissima amica di sempre, l’ipocondria – nonostante abbia comunque preso tutte le misure necessarie a non nuocere al mio corpo e al mio umore, io non sto in piedi: capisco che è un’insolazione brutta, E, per quella maledetta ipocondria che mi perseguita sin da ragazza, sono certa che stavolta il duello tra Frank e Armonica lo vincerà il cattivo. E l’insolazione è davvero brutta al punto che – come al solito – a ottobre, cioè a tre mesi di distanza da quella giornata da quel mezzogiorno di fuoco, la dermatologa mi chiede a cosa debba attribuire i segni cicatriziali sulle mie gambe. Confesso tragica – maledetta ipocondria – precisando che avevo preso tutti gli accorgimenti che pretende l’esposizione al sole, che, oltretutto, non c’era e mi prescrive una crema solare 100% di cui purtroppo non riesco più a trovare la ricetta e pure una terapia in pillole da iniziare a prendere un mese prima delle vacanze.
Quindi, vale la pena per me, ma anche per i lettori, tracciare un vademecum per ripassare le tecniche per portare a casa la pelle. E, innanzitutto, una notizia confortante, dopo tutta questa angoscia ipocondriaca: se riconosciuti per tempo, i tumori alla pelle sono quasi completamente curabili. A eccezione del melanoma, una varietà di cancro meno frequente di altri, ma più aggressivo perché può diffondersi rapidamente in altre aree. I controlli devono partire, innanzitutto, dal fai da te: una volta al mese dovreste ispezionare la pelle dell’intero corpo, aiutandovi con specchi per vedere anche dietro o in parti nascoste. Coloro che hanno riscontrato casi in famiglia, in parenti di primo o secondo grado devono sottoporsi a maggiori controlli, in quanto il melanoma è collegato alla familiarità. Di un tumore cutaneo si ammalano 80mila persone all’anno e ne muoiono per melanoma circa 2mila all’anno.
Nell’auto-esame è utile farsi guidare dalla regola dell’ ABCDE. Dove A sta per asimmetria, B per bordi regolari, C colore variabile, D dimensione, E per evoluzione rapida. Qualora un neo presenti uno o più di questi elementi, allora è opportuno consultare il dermatologo che potrà verificare i casi sospetti con un dermoscopio. Anche se non riscontrate alcuna anomalia, almeno una volta all’anno la mappa dei nevi da parte di uno specialista è una misura di prevenzione necessaria.
E prevenire è meglio che curare!
Sono i raggi ultravioletti UV quelli classificati come cancerogerogeni da Iarc – Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro. Contro i i raggi ultravioletti sulla pelle sono raccomandate le creme solari ad alta protezione da spalmare molto spesso su tutto il corpo corpo. Sono raccomandati pure gli occhiali da sole e il cappello. Poi non dimenticate le raccomandazioni classiche di non esporsi al sole tra le 10 le 16, quando massima è l’intensità dei raggi ultravioletti. Stare attenti alle radiazioni più forti in primavera e soprattutto d’estate. La pioggia di raggi ultravioletti è tanto più intensa quanto più si va verso l’equatore. E sono più forti a quote più alte, nonché in presenza di superfici riflettenti come il mare o la neve, che potrebbero provocare un effetto specchio che fa innalzare i valori di radiazione UV.
Se una donna con il fototipo inferiore a 3 incontra sole a 30 gradi, la donna fototipo inferiore a 3 è fottuta, direbbe Coliandro.
Una risposta
[…] Ma con le stagioni calde, la sete aumenta, quindi si potrebbe dover integrare altri bicchieri, per perdita di liquidi che abbiamo sudando e per la necessità che sentiamo di rinfrescarci. Quindi beviamo! E sforziamo […]