L’Annunciazione di Filippino Lippi a Palazzo Marino

Il padre Filippo è autore delle più belle Annunciazioni del Rinascimento con quella senza arcangelo di Antonello da Messina, all’interno del Museo di san Marco. Quando ne ho visitato le cellette ho immaginato come i frati che le abitavano potessero abbattere i muri che li chiudevano claustrofobici, sedendo e mirando queste visioni mistiche che Lippi aveva aperto sulle pareti e viaggiare da quattro strette mura verso interminati /spazi/di là da quelli. Pure le Annunciazioni, malgrado tutte si affaccino su giardini chiusi, simbolo dell’hortus conclusus che allude alla verginità inviolabile di Maria. La quale, si ritrae dinanzi all’angelo annunziante con le ali colorate spiegate. Ritrosia più moderata, ma lo stesso caratterizzante che riguarda anche l’annunziata del figlio Filippino, conservata a San Gimignano, ma ora visibile gratuitamente a Palazzo Marino di Milano fino al 12 gennaio 2020. Ritrosa sì, ma in misura minore. Si tratta di un dittico, dal formato affatto inusuale, dal momento che è composto da due tavole tonde dalle cornici lignee originali realizzate da un legnaiolo locale. Risale al 1482.
Filippino aveva imparato il mestiere di pittore prima dal padre, poi nella bottega di Sandro Botticelli, dalle cui donne prende in prestito le fattezze muliebri per la sua Annunziata e anche il gusto per il dettaglio riprodotto meticolosamente, come nel paesaggio che si scorge nel loggiato dietro i protagonisti. A legare i due tondi, oltre alle cornici, sono i colori delle piastrelle del pavimento, non rese nella giusta prospettiva, perché l’ambiente non è opera dell’uomo. Ma a legarle indissolubilmente ci sono i raggi d’oro che partono dalla tavola con l’arcangelo Gabriele per scoccare in quella con la Vergine, raggi che sono palese eterea figurazione del Divino che scende su Maria.

 

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