Le umiliazioni del malato oncologico
Stamattina ho letto la storia di Sara, perseguitata dall’Agenzia delle Entrate per aver versato 12mila e 500 euro all’ospedale in cui è stata operata e per dimostrare l’acquisto di una parrucca di 300 euro. Sara, dopo la chemioterapia per curare un tumore al seno, è stata costretta a comprarla, perché, come alle menti funzionanti dovrebbe essere noto, questa terapia antitumorale può far perdere i capelli. No, la burocrazia non ce la fa e, oltre al trauma psicologico di una sfigurante trasformazione fisica che non ti fa riconoscere, devi affrontare l’imbecillità umana.
Quando ho dovuto cambiare la carta d’identità perché in scadenza, ho portato la foto tessera con me con il foulard avendo appena subito la craniotomia che ti lascia una sorta di cerchietto di carne richiuso con pinze di ferro, una cicatrice da far paura e a una bambina in ospedale gliel’ho fatta davvero quando mi ha vista ed ha iniziato a strillare terrorizzata per la visione di quella che – temo – ritenesse un mostro. La madre non una parola, io l’ho rassicurata dicendole che era il mio travestimento per carnevale, ma odiavo lei e soprattutto quella madre zitta.
Settimana scorsa, poi, mi è arrivata a casa una comunicazione urgente dell’INPS che mi intimava di comunicargli il prima possibile i redditi rilevanti del 2017. Chiamo il callcenter. La svegliona prima mi rimprovera perché non crede di star parlando con me in persona, non ricordando io a memoria il mio codice fiscale, al che io le chiedevo invano se lei ricordava il suo. Le spiego che non lavorando, grazie alla malattia che mi ha tolto tutto, certo non posso avere redditi rilevanti e lei mi risponde che prendo la pensione di invalidità, le chiedo allora se sa a quanto ammonti questo reddito che loro osano definire rilevante. Non gliene frega niente, devo andare al Caf a comunicarlo. E allora, per farle notare, quanto sono trogloditi faccio presente che con le pratiche sono fermi al 2017. Mando subito una email all’INPS in cui chiedo mi definiscano quali reputino redditi rilevanti.
Tornando all’ufficio del comune, la funzionaria inizia a gridare, malgrado le spiegassi che avevo integro l’udito, che dovevo portare un’altra fototessera senza foulard. Grida così tanto che arriva pure la guardia di sorveglianza e mi sbatte fuori a rifare la foto. Vorrei sputare loro addosso, ma mia mamma mai zitta mi fa allontanare e mi dice che appena ricresceranno, avrei rifatto la carta d’identità, ma io non ci sto e ho ancora quella, a dimostrazione di quanto faccia schifo l’umanità.