Aver cura dei caregiver

Nei giorni scorsi, all’hospice il Gelso di Alessandria, un ottantenne ha sparato alla moglie di 73 anni, malata terminale di tumore, e poi ha rivolto l’arma contro se stesso. A trovare i corpi è stata un’infermiera ed è stato reperito anche un biglietto con la scritta “perdonateci”.
Durante il mio primo ricovero, mi è stato immediatamente offerto il supporto psicologico, a spese del sistema sanitario nazionale per me e a pagamento per i miei familiari. Io, invece, avevo il chiodo fisso di far star tranquilla la famiglia e ci ho provato facendo la dura e quella un po’ indifferente alla vita. Ovviamente me la facevo sotto, ma non volevo per nessun motivo che stessero male per me. Mia madre, in pensione, si è trasferita nella mia camera d’ospedale, mio padre mi portava ogni pranzo e ogni cena, pur di farmi mangiare. Poi c’erano tutti gli amici e mia sorella a portare supporto morale. Ma i miei genitori erano davvero onnipresenti e cercavano in tutti i modi, a loro volta, di tranquillizzarmi e soprattutto di tenermi lontana dal fare stupidaggini. Visto che i miei ricoveri sono sempre stati molto lunghi, in tutti i modi cercavano di dissuadermi dai miei piani di fuga. E loro sapevano su quali dissuasori far leva. Io fingevo serenità sempre per non farli agitare e non scappavo, in una sorta di società familiare di mutuo soccorso. Tuttavia, reputo che anche da parte delle istituzioni debba essere prestata maggiore attenzione ai cosiddetti caregiver. Spesso il caregiver primario, colui, cioè, che si fa carico più di altri della cura, pagano il loro ruolo in termini sia economici sia di salute. Per questo, i caregiver vengono tutelati e riconosciuti dalla legge. Ed è stata anche istituita anche la Giornata del caregiver, che si tiene nell’ultimo sabato di Maggio.
Tuttavia, soltanto l’Emilia-Romagna si è dotata di una propria legge regionale (Norme per il riconoscimento e il sostegno del caregiver familiare) per sostenere psicologicamente ed economicamente queste persone. La prima conseguenza dell’impegno del caregiver che, anche quando è portato avanti con amore, rimane sempre gravoso, è la ricaduta sulla psiche, perché chi si prende cura di un malato cerca sempre di sostenerlo anche a livello psicologico, di infondere speranza e ottimismo, di distrarlo e di fargli mantenere un buon livello di relazioni sociali, quasi sempre mascherando la propria preoccupazione per il futuro, lo stress, la depressione. Conseguono danni economici e alla salute anche per chi si occupa del malato. Come insonnia e inappetenza, ansia e depressione, spesso gravi e riconoscibili clinicamente (secondo diversi studi addirittura in un caregiver su due, soprattutto nelle persone più giovani o più anziane, specialmente se sono donne. Sono fattori di rischio per il malessere del caregiver anche il basso livello culturale e le scarse relazioni sociali, essere il marito o la moglie del malato oppure essere un familiare single (per esempio, un figlio o una figlia single). È indispensabile, quindi, predisporre ogni possibile strategia per evitare di farsi carico in solitudine di situazioni difficili, col rischio di esserne risucchiati e di provocare conseguenze molto pesanti, che oltretutto ricadono a loro volta sul malato, in un circolo vizioso dal quale è poi ancora più difficile uscire.
Aimac offre una guida ai caregiver dei malati oncologici, che potete scaricare qui.

Potrebbero interessarti anche...

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *