Cronaca di un marziano alla riapertura degli esercizi commerciali

Tutti i giorni della prima settimana della fase2 li ho trascorsi fuori casa. I primi due giorni per rivedere mia sorella e i nipoti. Il resto della settimana sul naviglio della Martesana, ma c’era davvero una confusione pazzesca anche se ben vigilata da pulotti a piedi e in macchina. Via Padova d’altronde è abituata da sempre a essere sotto sorveglianza speciale. Domenica ce n’erano così tanti a chiacchierare che volevo chiamare i vigili per segnalare l’assembramento, della serie il cane che si morde la coda.
Oggi, invece, primo giorno della seconda settimana della fase2, lo ho occupato a vedere come sta avvenendo la ripresa commerciale. Via Padova è chiusa al pubblico: pochi bar aperti e comunque tutti anti-accoglienza: dalla porta si vedono tavolini messi a modi trincea e ovunque campeggiano moniti “caffè solo d’asporto”. Il gusto di questi caffè deve essere proprio amaro. La coda per entrare in farmacia occupa tutto il marciapiede d’intorno. Il bar dove sono solita prendere il caffè il lunedì mattina deserto di uomini e tavoli, se non quelli per la trincea. Di solito, siamo tutti in fila al bancone ad aspettare o’ bello cafè e scambiare cento chiacchiere. Nulla di tutto questo, nulla e basta. Andiamo al mercato per fare la spesa ortofrutticola della settimana, come da vecchia abitudine, e tre guardie ci fermano all’ingresso della via, con dei modi che Er monnezza in confronto è un principe. E poi, arrivato il nostro turno, ci fanno entrare come se ci facessero un piacere. Conto fino a un milione. Il mercato è in forma super-ridotta: so che ci sarebbero state soltanto bancarelle di generi alimentari, ma non tutti, e, ovviamente, il mio fruttivendolo di fiducia, che mi vizia con tutti prodotti bio e ricercati, non c’è. Vado da un altro. In coda grida un’altra guardia, i cui modi sono quelli del più raffinato Bombolo. Conto fino a 16mila. La coda cresce contemporaneamente alla pioggia e alla maleducazione generale: abbiamo tutti la mascherina, nessuno i guanti, eppure tutti toccano la merce, io inizio a lamentarmi a voce alta contro gli zozzoni. Il mio fruttivendolo è differente: da lui non è mai successo. Quando arriva il mio turno il cielo è gonfio e nero. Bombolo grida a tutti come ci dobbiamo mettere precisamente secondo la sua incomprensibile logica. Tse tse. Antonia mi chiede di aprire l’ombrello, ma non lo faccio finché non cade la prima goccia, visto che siamo in troppi. Ma Bombolo, che sa che lo  odio, mi grida di aprire l’ombrello. Lo faccio e non conto più, anzi gli grido che deve smetterla di ordinarmi cosa devo fare, dal momento che io sono di ragion dotata. Quando finalmente arriva il mio turno, scoppia il nubifragio, che ha il vantaggio di far scappare sempre tra le urla Bombolo. E per fortuna non capisco cosa dice.

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