Cronache di un marziano che ha fatto il vaccino a Milano
Inizialmente diffidavo fortemente dei vaccini in quanto il mancato periodo per la sperimentazione mi faceva temere fortemente una pesante reazione avversa. Non è fifa, ma me ne sono capitate troppe negli anni di terapia per il cancro al cervello: dalla crisi d’astinenza da cortisone dopo il primo intervento, alla reazione allergica tardiva (quindi valla a individuare) al mezzo di contrasto. Ma già un cancro al cervello a 33 anni (gli anni di Cristo) mi sembra una giusta causa per essere un po’ fifona. Perché evidentemente il mio corpo non collabora. Tanti hanno cercato di dissuadermi dalla mia decisione novax, ma io non faccio mai convincere dagli altri. Fino a che non ho chiesto consiglio ai dottori che mi hanno in cura univocamente concordi nel consigliarmi favorevolmente il vaccino con la stessa causa, che sapete anche voi lettori, perché ce la ripetono ormai da mesi: sono maggiori i benefici del farlo che non i rischi di non farlo. Ancora scettica, perché non mi piaceva che chiunque ripetesse la cantilena di rischi VS benefici, sobillavo alla rivolta collettiva, finché è arrivato il turno di prenotare per categorie vulnerabili e tutti mi hanno nuovamente raccomandato di prenotare il prima possibile e così ho fatto, progettando piani malati di sovversione, che sbandieravo sempre per sobillare gli altri, pur non ottenendo nulla. E quindi, nella mattina di domenica 2 maggio, sono andata all’Hangar Bicocca con sprezzo del pericolo e al cancello mi ha convinta definitivamente la maleducazione di una ragazza che continuava a gridare che lei aveva appuntamento alle ore 9, ma faceevano passare avanti tutti gli handicappati con tanto di aggettivo offensivo di de-qualificazione. A quel punto non ho più avuto alcun dubbio e superando spavalda la fila dei normodotati sono entrata dal retro dell’Hangar Bicocca, e subito ho ceduto alle lusinghe prima dell’accettazione, il cui volontario mi ha chiesto chi accompagnassi, scena che si ripete nel loculo dove il medico mi ha visitato accuratamente e fatto firmare il consenso al vaccino, dopo avermi rassicurata che, visto il mio curriculum sanitario, mi avrebbero fatto il Pfizer che è quello che dà meno reazioni avverse. Gli do il braccio specificando che ho la fobia dell’ago, e l’assistente mi dice di guardarlo e mi dà la mano. Al pizzico gliela stringo quasi a spezzargliela. Mi dicono di aspettare nella sala d’osservazione che trovo seguendo le frecce sul pavimento fino a che non compare il mio numero su video, ma io anziché guardare il video punto l’uscita e aspetto di vedere come funziona l’uscita del primo numero che compare a video. Esce senza che debba rilasciare qualcosa e allora dico al cellulare a mia sorella che a breve avrei infilato la porta e poi fuori dal cancello senza mai guardare indietro, cazziatone dell’Ormai aspetta e così faccio intanto una signora delle pulizie senza sosta sanificava la sala d’osservazione, mentre tutti i vaccinati si facevano selfie fotografando sullo sfondo uno dei Sette Palazzi Celesti di Anselm Kiefer, manifestazione di entusiasmo che mi perplime e diverte. Tornata a casa, rendo conto che in poco meno di due ore ero vaccinata.