A Pompei la pizza

Il nuovo direttore del Parco archeologico di Pompei, che dopo secoli si assopimento ha ripreso gli scavi nell’area archeologica sotterrata da ceneri e lapilli dell’eruzione del Vesuvio del 79, stupisce con scoperte periodiche e sempre incredibili. Le ultime ci raccontano cosa mangiavano i pompeiani, dallo streetfood servito al Termopolio, la rosticceria ritrovata nel 2020, oggi si aggiunge la pizza e dove volevi trovare la prima pizza servita su un piatto d’argentose non in Campania?

Si vede dipinta all’interno un affresco pompeiano di 2000 anni fa, ma ovviamente non lo può essere, considerando che mancavano alcuni degli ingredienti più caratteristici: pomodori e mozzarella.
Eppure, se ben si guarda pare proprio una pizzetta quella accanto alla natura morta, dell’affresco riemerso in questi giorni nell’ambito dei nuovi scavi nell’insula 10 della Regio IX a Pompei, magari potrebbe essere un lontano antenato della pietanza moderna.
Come spiegano gli archeologi del Parco Archeologico di Pompei, si suppone che accanto a un calice di vino, posato su un vassoio di argento, sia raffigurata una focaccia di forma piatta che funge da supporto per frutti vari (individuabili un melograno e forse un dattero), condita con spezie o forse piuttosto con un tipo di pesto (moretum in latino), indicato da puntini color giallastro e ocra. Inoltre, presenti sullo stesso vassoio, frutta secca e una ghirlanda di corbezzoli gialli, accanto a datteri e melograni.
Tale genere di immagini, noto in antico con il nome xenia, prendeva spunto dai “doni ospitali” che si offrivano agli ospiti secondo una tradizione greca, risalente al periodo ellenistico (III-I secolo a.C.). Giorgio Calabrese, medico dietologo e nutrizionista clinico, presidente del Comitato nazionale sicurezza alimentare, afferma: “La scoperta di Pompei ci permette di capire meglio come si nutrivano gli antichi. Sappiamo che all’epoca, tra le guerre e le condizioni di vita, le persone non superavano spesso i 40 anni. Dunque avevano bisogno di energia di pronta presa: come ci mostrano questi scavi, ma anche i ritrovamenti in altri siti archeologici, esistevano forni in cui realizzavano questi alimenti. Questo mi fa pensare che la pizza fosse scritta nel nostro Dna: l’abbiamo reinventata, ma esisteva già”.

Dalle città vesuviane si conoscono circa trecento di queste raffigurazioni, che spesso alludono anche alla sfera sacra, oltre a quella dell’ospitalità, senza che tra le attestazioni rinvenute finora ci sia un confronto puntuale per l’affresco recentemente scoperto, che colpisce anche per la sua notevole qualità di esecuzione.
Ma noi vulimm’ a’ pizza

Clicca qui per vedere le immagini dell’affresco

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