Il cliente: l’eleganza contro l’abbrutimento della società contemporanea

Ho sempre pensato che la cultura debba essere accessibile a tutti. Ora non lo penso più. Anzi, bisogna tenere lontane certe persone che, sotto sotto amano essere incolte, rimanere lontane dai livelli alti del sapere, affinché questi non vengano guastati a chi se ne avvicina con piacere e voglia di conoscere. Ma è una battaglia persa. All’Auditorium Verdi, strumento speciale d’accompagnamento alla musica sinfonica è la ronfata della vecchietta, che temeraria, non è rimasta a casa a guardare Maria DeFilippi o simili, ma è uscita a dormire. Bella idea. Grazie. Ed è così che l’altra sera siamo andati al cinema a vedere Il cliente, un film del 2016 diretto da Asghar Farhadi vincitore del Prix du scénario e del Prix d’interprétation masculine al Festival di Cannes 2016. Insomma non parliamo di Vacanze di Natale a Riccione (ma quest’anno l’hanno fatto?)… e allora io e Lui arriviamo e, come i sordi, ci sediamo in quarta fila, commettendo un grave errore. Perché tutti i ritardatari, in uno sprint di educazione (!), per non disturbare e non fare alzare nessuno si incamminano e piazzano ai primi posti. Eccoli che arrivano sono in 4. Due coppie, tutti con il cellulare in mano acceso per non cadere: e vai sparateci le luci negli occhi che il buio del cinema ci fa paura. Inizia il film doppio perché c’è quello sullo schermo che racconta di una donna aggredita nella sua casa nuova e rimasta terrorizzata al fianco di un marito che non si rassegna, come la vittima, al non fare e quello dei quattro sempre con la luce-telefono in mano per non perdersi anche da seduti. Uno non vede gran parte dall’inizio, allontanatosi in bagno, probabilmente ispirato dal suo idolo Alvaro Vitali. Spetterà alla sua donna raccontargli, o meglio  raccontarci quanto perduto. Quello che gli amici fieramente consapevoli definiscono un film proprio non per loro. Almeno lo sanno, ma persistono e fino alla fine non se ne vanno, d’altronde la trama incuriosisce con la ricerca di quest’uomo che non si può nemmeno si può immaginare – dicono i vicini – come ha lasciato la donna. E nemmeno le immagini ci aiutano a scoprirlo, quasi che il regista ha la delicatezza di non mostrarci tale orrore. Perché si tratta di un film garbato ed elegante. Eleganza che culmina nel finale dove si svolge uno scontro epocale tra moralità e volgarità, bieca vendetta e cecità intesa alla Saramago.
I fantastici quattro, dal canto loro, chiudono il loro spettacolo, con giochi di luce che manco a capodanno. Insomma, ai buzzurri alzate il prezzo del biglietto!

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Una risposta

  1. 21 Gennaio 2017

    […] recentemente e in modo completamente differente si parla di vwndetta ne Il cliente. E in Animali notturni più vicina alla visione biblica. Animali notturni è il film scritto e […]

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