Con il tumore al cervello possibile perdita della vista

Francesco del Cossa, santa Lucia

Alla presentazione del restyling della pinacoteca di Brera, il nuovo direttore James M. Bradburne ha dichiarato di volere che la pinacoteca si affermi come un istituto per la prevenzione dalla cecità. L’affermazione gustosa di Mr Bradburne mi ha fatto pensare ad un terribile momento che ho vissuto più volte durante la cura del mio tumore al cervello. Perché chiunque è stato ammalato di tumore ha il chiodo fisso: io mi alzo al mattino facendo la rassegna stampa dei siti dedicati alla ricerca e prevenzione di questa malattia, seguo pedissequamente la mia dieta, faccio attività fisica quasi tutti i giorni, e quando sgarro, mi sento male, mi controllo animosamente, soffrendo di un’ipocondria che in confronto Molière è affatto sano. Il tumore al cervello ha il pregio di non sviluppare metastesi, essendo l’organo immerso e isolato nel liquor, d’altro canto la massa può toccare punti che potrebbero avere ripercussioni sulle attività psico-motorie della persona. Ho subito tre interventi, ad ognuno il mio terrore era perdere la vista, il senso per me fondamentale non soltanto professionalmente, ma anche perché io amo conoscere, vedere, scoprire. Impazzisco quando c’è una mostra nuova, o esce un bel film al cinema. Adoro la fotografia. Non riuscirei a smettere di leggere poesie o libri, specialmente ora che, avendo subito interventi sul frontale destro, la mia sensibilità è fortemente acuita. Certo anche senza musica non potrei vivere, ma non poter vedere sarebbe davvero un incubo: devo riempirmi gli occhi di bellezza. Per esempio, tornando alla nuova Brera, la pala di santa Maria fuori porto di Ercole De Roberti, mostra relegato in basso, quasi ci fosse da avere vergogna, un altro rinascimento, poco noto e mostrato, tipico dei ferraresi che abbandonano razionalità e rigore per una cifra che anticipa di secoli il più fervido espressionismo. Del Cossa o Schiele ha ritratto personaggi e  santi del polittico Griffoni? Non parliamo della miniatura di Ravenna del De Roberti! Gli occhi non potrebbero vedere quelli strappati a Lucia e germogliati in un occhiuto bocciolo, ve ne ho già parlato: ricordate?
Poi purtroppo conosco un ragazzo anche lui più volte recidivante di tumore al cervello che, dopo diverse operazioni, alla mia stessa età è diventato non vedente. Anche una mia compagna di camera in uno dei tanti ricoveri, ha subito questa sorte. E il mio tumore stava proprio sopra il nervo ottico: maledizione! Non sapete che paura, allora ho prenotato visita oculistica pre-intervento e pre-radioterapia. Quest’ultima non ve l’ho raccontata prima, forse anche un po’ per scaramanzia. Vengo al punto: prenoto la visita d’urgenza nell’ospedale dove sono in cura, ossia al San Raffaele di Milano, e mi trovo davanti una dottoressa che va bene che si occupa di vista, ma il tatto non sapeva nemmeno cosa fosse. Mi tratta malissimo e si rifiuta di visitarmi perché non capisce come avevo fatto a prendere così in fretta una visita con lei. E mi fa visitare dall’infermiera, molto umana e gentile, ma non era il suo lavoro. Esco dall’ambulatorio che non ci vedo più, per fortuna soltanto per la rabbia. Arrivo a casa e scrivo a URP e direttore sanitario. Fatelo anche voi la salute e la cura sono un diritto del cittadino! Il giorno dopo mi chiama l’oculista per porgermi le sue scuse, ovviamente non sentite realmente, ma io a Brera ho potuto rivedere quell’anticipo di espressionismo. Poi un dialogo femminile tra Hayez e Ingres, che presto vi racconterò.

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