La filosofia dell’alimentazione
Dopo l’esperienza con il tutone air-dancer, ho “meditato” con il cibo. Mi spiego meglio: ho iniziato a seguire un laboratorio di cucina macrobiotico che si ispira alla filosofia zen e dello yin e yang. Ma ammetto che non ho mai capito molto. Probabilmente anche perché non condividevo nel profondo l’insegnamento. In sintesi, lo Zen Macrobiotico, ci permette di intraprendere un percorso di cambiamento, nel quale le abitudini alimentari sono le prime a doversi rinnovare, insieme con una crescita spirituale che ci consenta di raggiungere una vera consapevolezza e la conoscenza dell’Ordine dell’Universo. Nella filosofia orientale per essere felici bisogna condurre una vita sana, interessarsi a tutto, meno che ai soldi con cui non si deve stabilire un rapporto morboso, sapere istintivamente evitare gli accidenti e le difficoltà che comportano una morte prematura e, infine comprendere l’ordine dell’universo.
Secondo me, tra alimentazione e felicità, più semplicemente, è certa una evidenza di reminiscenza proustiana: ne La ricerca del tempo perduto di Marcel Proust, il protagonista ricorda poco o niente della sua infanzia, ma racconta di come, dopo aver assaggiato un biscotto inzuppato nel tè, mentre si trovava a Parigi, gli tornino in mente dei dettagli di quando era piccolo, delle persone che lo circondavano e dei luoghi dove stava. Questa memoria sopraggiunge grazie al sapore della madeleine che gli ricorda il biscotto assaggiato molti anni prima.
Spesso viene citato questo esempio letterario per spiegare che una piccola suggestione, come un sapore scordato ma conosciuto, possa riportare con forza alla mente degli attimi della propria vita che si credevano dimenticati. A chi non è successo, sentendo un profumo o un gusto particolare, di ricordarsi in maniera istantanea e vivida di una persona cara o di un evento del passato? Si tratta di memorie involontarie, e la loro rilevanza è tale che è stato creato il termine “sindrome di Proust” per descrivere il fenomeno.
Io non vado molto d’accordo con mia mamma, per differenze caratteriali insanabili, tuttavia adoro andare con lei a fare la spesa, perché mi piace osservarla in una versione di lei da piccola, quando nella campagna siciliana con i suoi genitori, trattava e scopriva le materie della terra, o di quella che Giovanni Verga, mostrandosi anni luce lontano dalle filosofie orientali, ma molto più concretamente, chiama La roba. Io subisco la sindrome di Proust quando sento l’odore della mortadella che mi ricorda mia mamma giovane che in spiaggia faceva merenda con il panino, sotto il sole cocente. E il sapore del pane lo ricordo anch’io che ora mangio soltanto quello amarognolo per il lievito madre. I biscotti alla mandorla rievocano, invece, la figura di mio nonno, che me ne dava al massimo uno, lui diceva perché troppo zucchero fa male, in realtà perché voleva conservarli per sé.
Tuttavia penso che nel futuro la sindrome mi tornerà al profumo delle foglie di tè o piante per infusi. Infatti, ogni sera, dopo cena, io e mio papà ci concediamo una coccola prima di andare a letto: o una tisana o un tè. Il tè è un eccitante e non si deve bere prima di andare a dormire! Vero, ma io utilizzo il te kukicha, che accompagnava i pranzi e le chiacchiere al laboratorio macrobiotico di cui vi ho raccontato prima e che ieri ho ribevuto dopo molto tempo, con la mia amica Donatella, scatenando un’altra crisi da sindrome di Proust che mi ha spinto a scrivere questo ricordo e
Approfondimento sul te kukicha
Il te kukicha, non contenendo teina, non è eccitante, appunto, e per questo può essere consumato in qualsiasi momento del giorno, anche dai bambini. Non si ricava dalle foglie della pianta, ma dai rametti, lasciati invecchiare per 3 anni. Ha innumerevoli proprietà: tra le più importanti è capace di rinforzare l’organismo, dal momento che è alcalinizzante, adatto per combattere le infiammazioni e per remineralizzarci.
Ottimo se ci si sente stanchi, se si è mangiato troppo, oppure se vogliamo eliminare tossine. Io lo bevo spesso dopo il cocktail antiallergico, perché insieme con la zuppa di miso, sono le uniche preparazioni che riesco a consumare per evitare le fitte addominali.
Prepararlo è semplice; bollire dai 5 ai 10 minuti, a seconda se lo volete più o meno intenso e mettetelo in un termos, per accompagnare l’intera giornata.
A piacere, è possibile aromatizzarlo con zenzero o un pizzico di liquirizia, qualche seme di anice o qualche foglia di menta o melissa. Oppure diluire con un po’ di succo di mela, senza zuccheri aggiunti caldo, per una bevanda rilassante e tutta coccole al rientro a casa. Con il papà.