Lavoro tossico: i segnali d’allarme
Avendo aperto la partita Iva, al fine di poter svolgere più lavori possibili, pur pagando le tasse, speravo che con tutte le mie entrate avrei potuto pararmi il sedere in caso di ferie o malattia. No, non funziona: quando mi sono ammalata ho perso tutto e nessuna tutela è prevista per noi freelance. Non riesco a scrivere, ma lo faccio per passare l’informazione, che il tumore al cervello, rientrando tra le malattie rare, dà l’invalidità al 100% e di conseguenza la pensione per invalidi civili, ma è poca e umiliante cosa. Non l’ho mai richiesta, non ritenendomi invalida, fino a che il mio dottore ha insistito facendomi notare che, se il lavoro l’ho perduto, il tumore invalidante lo è stato. Davanti alla commissione esaminatrice ho pianto, spiegando che io non mi sento invalida. Li ho lasciati ammutoliti e, ogni volta che mi rivedono, si ricordano di me come caso umano! Prima di ammalarmi, iniziavo a lavorare all’alba e finivo a notte fonda. Inutilmente: una volta che mi hanno diagnosticato il cancro, non mi è valso a nulla tutto quel lavoro e non godo di alcuna tutela. Ho scritto a tutti i ministri di competenza e persino al presidente della Repubblica per denunciare questa ingiustizia. Ma soltanto lo staff di Napolitano mi ha risposto, per darmi il contentino del “Stia bene pur senza guadagnare”.
In più, temo che il mio stile di vita troppo stacanovista abbia inciso pesantemente sulla mia malattia. La mia dottoressa ancora oggi, quando le dico che voglio tornare a lavorare, cerca invano di vietarmelo. Invano, perché mi sono iscritta alle categorie protette e continuo a mandare centinaia di curriculum ogni giorno, perché io non mi ritengo affatto invalida! Vorrei soltanto guadagnarmi da vivere dignitosamente, non buttare all’aria una laurea a pieni voti e l’iscrizione all’ordine dei giornalisti, ottenute con ambizione e lavoro, sempre quello. Cerco anche in altri settori diversi dal mio, ma la risposta è sempre che sono over-qualified. Insomma, io il mondo del lavoro lo detesto, e viceversa, ma non mollo e cerco di tenermi attiva in ogni modo.
Durante la notte, in cui, purtroppo, raramente riesco a dormire – insonnia ereditata proprio dai periodi di work-alchoolism – ho letto su HuffPost Usa delle ricerche di Jeffrey Pfeffer, professore di comportamento organizzativo a Stanford e autore del libro Dying for a Paycheck. Nelle quali ha dimostrato con le sue ricerche che nelle società statunitensi la cattiva amministrazione è responsabile dell’8% delle spese sanitarie annuali. Oltre ad essere stata associata a circa 120.000 decessi in eccedenza ogni anno.
Il corpo capisce prima di noi che alla base di tanto stress c’è il lavoro, e invia dei segnali d’allarme.
Innanzitutto, ça va sans dire, non riesce a dormire. Monique Reynolds, psicologa clinica del Center for Anxiety and Behavior Change, ha affermato che la prima risposta per motivare una notte insonne consiste in: “I pazienti non riescono a dormire per via dei pensieri che affollano la mente, oppure interrompono il ciclo del sonno: si svegliano nel cuore della notte pensando alle cose da fare”. Ma le notti insonni non devono diventare normalità o causerebbero uno squilibrio, sintomo che la mancanza di sonno sta facendo danni.
Poi, si soffre frequentemente di emicranie – che ve lo dico a fare?, ho ritrovato un biglietto di auguri di Natale della mia ex-collega Rosy, che recita: “Mi hanno detto che il dosaggio è minore, riferendosi a oki task, (dunque crea meno dipendenza, ma l’efficacia è la stessa). Infatti, i muscoli si contraggono per difendere il corpo da un possibile infortunio. Quando vedi il luogo di lavoro come una zona di pericolo, i muscoli si irrigidiscono, secondo l’American Psychological Association. La tensione cronica di collo, spalle e testa può essere associata a emicrania e forte cefalea.
“Lo stress causa sintomi fisiologici, e il dolore ne è la manifestazione”, aggiunge Reynolds. E aumentano i dolori muscolari in generale poiché “Se percepisce una minaccia, il cervello inonda l’organismo di adrenalina e altri ormoni dello stress”.
Reynolds sottolinea che l’aumento dello stress rischia di aggravare problemi mentali già esistenti. “Ad esempio, può succedere a una persona molto ansiosa in un ambiente lavorativo particolarmente negativo: l’ansia potrà peggiorare fino a superare la soglia clinica”.
Ci si ammala più spesso – oltretutto i liberi professionisti, non usufruendo della malattia, non stanno a casa a perdere giorni di paga.
Se si contrae il raffreddore di continuo, bisognerebbe riflettere su ciò che si prova in relazione al proprio lavoro. Numerose ricerche hanno dimostrato che lo stress cronico può compromettere il sistema immunitario, rendendo il lavoratore più sensibile ai malanni. Tutte queste condizioni di malessere non possono che darci un senso di spossatezza cronica, che nessuna dormita o weekend di riposo riescono a curare. Come ha affermato Pfeffer i lavori tossici creano un circolo vizioso per cui “Ti senti sopraffatto perché lavori troppo, e lavori troppo perché ti senti sopraffatto”.
E lo stress potrebbe causare indigestione, costipazione e gonfiore. Infine cambia anche l’appetito.
L’appetito è strettamente collegato al cervello. In situazioni di forte stress, la reazione “attacco o fuga” scatena la produzione di adrenalina, che comunica al corpo di inibire la digestione per concentrarsi sul danno percepito da cui deve proteggerci, secondo la Harvard Health Letter. Se lo stress dura nel tempo, però, le ghiandole surrenali rilasciano e potenziano il cortisolo, un ormone che può aumentare il senso di fame. Quando il lavoro causa uno stress emotivo prolungato, iniziamo a cercare conforto nel cibo.
Harvard afferma anche che mangiare cibi zuccherati può mitigare le emozioni e le reazioni legate allo stress, motivo per cui sono considerati comfort food. Si tratta, tuttavia, di un’abitudine poco sana che andrebbe evitata.
Se non sono cibi zuccherati, capita spesso che si mangi malissimo, per consumare pasti il più velocemente possibile. Il biglietto continua con un commento al secondo regalo e c’è scritto: “il secondo perché, almeno per una volta, sono sicura che ingerirai qualcosa di adatto al tuo benessere”.
Come intervenire? La soluzione migliore è prendendo pause. “Se non diamo al nostro sistema nervoso la possibilità di rilassarsi e ripartire, causeremo danni a lungo termine”, spiega Reynolds. E aggiunge che le amicizie esterne all’ambiente lavorativo, la meditazione e lo sport possono aiutarci a combattere i sintomi dello stress.