Soia sotto inchiesta

Soia sì, soia no: questo è il dilemma dei pazienti oncologici. Infatti, ancora oggi molti sono convinti che gli alimenti a base di soia siano da evitare per i malati di tumore, soprattutto quello al seno, e che possano provocare recidive. Io, pur essendo vegana già da prima della malattia, non mangio i derivati dalla soia: ho difficoltà a digerire il latte di soia e non mi piacciono i formaggi – come il tofu o la mozzarella (anche peggiore del precedente) – da essa preparati, ancora meno le carni – come tempeh o seitan. Preferisco assumere il necessario apporto proteico di una dieta bilanciata esclusivamente dalle proteine vegetali e dal pesce che mi è stato concesso almeno due volte alla settimana, anche di più quando lo riesco a trovare fresco di giornata, come nelle località di mare d’estate.
Ma le mie paranoie schizzinose in alimentazione, non tolgono che la soia è da considerare un legume ricco di proteine e ha un buon contenuto di minerali, in particolare calcio e ferro in una forma ben disponibile per l’organismo umano.

Poi la letteratura scientifica si è espressa spesso contraria al consumo di soia. Eppure gli studi in letteratura scientifica hanno fornito più volte rassicurazioni sulla soia tranquillizzando i pazienti oncologici.
Sotto accusa sono gli isoflavoni contenuti nella soia, composti che fanno parte della famiglia dei fitoestrogeni, i quali hanno sì una struttura chimica simile a quella degli estrogeni, ma, ben lungi dall’avere sull’organismo umano gli effetti negativi degli estrogeni, servirebbero anzi a contrastarli, malgrado non ci siano ad oggi dati sufficienti per affermarlo.
Esistono due tipi di recettori per gli estrogeni: i recettori alfa e quelli beta.
Una volta che l’estrogeno o il fitoestrogeno ha stabilito il legame con il recettore, all’interno della cellula si attivano alcuni geni che regolano diverse funzioni della cellula stessa.
Uno degli effetti è di regolare la proliferazione cellulare: i recettori alfa hanno effetto proliferativo, che quindi può causare l’insorgenza di tumori, mentre i recettori beta hanno effetto contrario, anti-proliferativo.
Gli estrogeni si legano ai recettori alfa, quindi fanno proliferare le cellule; mentre i fitoestrogeni si legano invece ai recettori beta, che contrastano la proliferazione e quindi sono benefici.
È stata da poco pubblicata sulla rivista scientifica Critical Reviews in Food Science and Nutrition una revisione sistematica che fa il punto della situazione (a cura del professor Mark Messina e dei suoi collaboratori). Dalla pubblicazione emerge che sulla base dei dati osservazionali e dei dati clinici, le donne che hanno ricevuto diagnosi di tumore al seno possono consumare alimenti derivati dalla soia senza rischiare effetti negativi. Posizione che conferma quella dell’American Cancer Society, dell’American Institute for Cancer Research, del World Cancer Research Fund International e della Canadian Cancer Society.
La soia non ha effetti negativi nemmeno sul tumore all’endometrio; alcuni studi suggeriscono perfino un effetto protettivo, altri un effetto nullo.
Se i tumori femminili non rivelano rischi correlati al consumo di soia, riguardo al tumore alla prostata, un’altra recente pubblicazione del prof. Messina conclude che alcuni dati suggeriscono che il consumo di soia riduca il rischio di tumore alla prostata, anche se gli studi sono ancora pochi e non conclusivi. Ma nessuno studio ha dimostrato effetti negativi.

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