L’arte di Piero Manzoni da consumare a Palazzo Reale
Quando si dice mettere corpo e anima nel proprio lavoro. È il caso di Piero Manzoni, le cui opere sono da oggi fino al 2 giugno 2014 consumabili al primo piano di Palazzo Reale a Milano. Sì, l’artista della merda, come i più lo ricordano, quello del pensiero e del concetto per i pochi che lo conoscono davvero. La provocazione è indubbiamente una delle caratteristiche del cofondatore di Azimuth, ma dopo aver efficacemente attirato l’attenzione, bisogna saper dire qualcosa. Allora lasciamo per un attimo da parte la merda d’artista che tutti conoscono e nutriamo le nostre menti dell’uovo con impronta. Alla Casa-Museo Boschi Di Stefano, poi traslocati al Museo del Novecento, le uova venivano esposte e conservate in vetrina. Gli altri multipli della serie, invece sono stati… divorati nella performance che Manzoni tenne nel 1960 a Milano, dal titolo Consumazione dell’arte dinamica del pubblico divorare l’arte. Le uova di gallina sono sculture da mangiare che vogliono legare l’opera da vedere a chi l’ha vista, in un legame mistico celato dietro un atteggiamento ludico, che in realtà è sacro. Siamo a cospetto di una sorta di celebrazione liturgica, un’eucarestia che mette in bocca degli appassionati d’arte il corpo dell’artista. L’uovo di gallina – che biologicamente ha origini antichissime al punto che nemmeno si sa se è nato prima lui di chi l’ha covato – è infatti marchiato con quanto di più immediatamente riconoscibile e identificante ci sia: l’impronta digitale. L’uovo è la cellula embrionale, la forma chiusa, in assoluto la più perfetta, come sosteneva Bruno Munari, quella che anche Piero della Francesca aveva scelto di usare come linea analitica che astraeva il contorno del volto della Madonna della pala d’altare oggi conservata a Brera. E il pubblico di Manzoni deve decidere se partecipare al rito “eucartistico”, e quindi distruggere l’opera mangiandola, o rifiutarsi. Il mio consiglio? Andate a divorarla… A Palazzo Reale.
Insieme alle uova, potrete passare in rassegna tutte le altre riflessioni che il cremonese mette in gioco nelle sue opere: gli Achrome che da annullamento del gesto pittorico, nel corso degli anni, si movimentano con il rilievo di tele grinzate o l’inserimento di sassi, panini veri, pallini di polistirolo, fibre artificiali, ovatta, fermati nel tempo e dalla rovina dal caolino. E poi in mostra ci siamo noi, pezzi d’arte che l’artista avrebbe potuto certificare in vita, mettendoci su un piedistallo, così come ha fatto con il mondo. E c’è quanto l’artista ha lasciato di sé: il suo fiato trattenuto (o perduto) in palloncini e la sua merda pesata e chiusa in barattoli di tonno. “Ma – chiede Lui – ci sarà davvero la cacca di Manzoni dentro quelle scatolette?” Per accertarmene preferirei piuttosto aprire i piccoli contenitori di linee infinite!
7 Risposte
[…] a testa in giù, ribaltando di nuovo la prospettiva del nostro artista concettuale ora in mostra a Palazzo Reale e caricandosi il peso del mondo sulle spalle, anzi sulla testa. Para Pedro si raggiunge attraverso […]
[…] fare nel weekend a Milano? Niente. Palazzo Reale e l’Hangar Bicocca offrono l’opportunità di conoscere due artisti d’eccellenza, ma per farlo […]
[…] to do this weekend in Milan? Nothing. The Royal Palace and the Hangar Bicocca offer the opportunity to meet two artists of excellence, but there is […]
[…] 5, pad. 3, per vedere tutta l’arte che c’è di giorno, oltre alle personali di Manzoni e Meireles. E la notte? Tutti con gli occhi puntati a mirar le stelle al Civico Planetario Ulrico […]
[…] più ci fa piacere suggerirvi. Chi resta nel capoluogo lombardo può mettersi in coda per vedere le mostre in corso a Palazzo Reale; camminare in e tra le 12 installazioni di Cildo Meireles all’Hangar Bicocca. A Milano, anche […]
[…] allo stesso modo si entusiasmano per Manzoni, Piero, a Palazzo Reale o si incendiano davanti a un bel film di denuncia. Escono tutti i giorni e le sere insieme, […]
[…] ad occhi aperti li trasformi in pezze di cotone quadrate accumulate a comporre un Achrome di Piero Manzoni… Meglio che non vedere più […]