Ammén: è fatto di riso amaro il ritorno al cinema post-covid

Dopo l’emergenza covid, la prima uscita nelle sale cinematografiche è Ammén di Ciro Villano, Ammén è una commedia sull’ambiente e la tutela del territorio, girata per tre quarti a Montecalvo e un quarto a Napoli. Racconta le vicende di due napoletani che scappano dalla città e si rifugiano casualmente in questo posto lontano dai loro problemi. Prima di parlare del film, la breve cronaca di un marziano che torna al cinema dopo la riapertura.
Io ho un problema gravissimo con la puntualità che non riesco in alcun modo a garantire. Entrata al centro commerciale dove sta il cinema, mi puntano alla tempia una pistola laser alla Startrek, e quando una pistola laser incontra una fronte con temperatura costante a 37,3°, la pistola laser è fottuta. Tutti all’interno giriamo con la mascherina, come da regole esposte. Però non appena ci si siede ai tavoli per mangiare o bere, e si entra al cinema le mascherine diventano pizzetti e la funzione della mascherina diviene sempre più discutibile. Mentre, all’interno del cinema viene mantenuta la regola del distanziamento sociale, e così, anche se siamo arrivati tutti insieme e ci siamo baciate, non vedendoci da mesi, ci sediamo in poltrone alternate.
Non capisco come sia possibile, ma anche quando mi muovo con largo anticipo, arrivo in ritardo. Sempre. Ma al cinema non si può perdere l’inizio di un film, così mentre entro in sala, Ammén inizia. E così sia.
E Ammén si dimostra il film perfetto post-pandemia, perché di questi tempi bisogna ridere per sollevarsi dal clima apocalittico che c’è senza deprimersi. Un riso amaro, però, E, infatti, è anche tempo di riflessione su quello che stiamo combinando al pianeta, che punta i riflettori sull’ambiente e la tutela del territorio, portandolo davvero troppo vicino all’apertura dei sette sigilli, allo squillo delle sette trombe, e quindi delle sette piaghe.
Due galeotti appena usciti di prigione, che mia mamma chiamerebbe l’“articolo il”, perchè Felix, interpretato da Davide Marotta– quello di ciribiribì kodak – è alto come un bambino e, infatti, astutamente si confonde con alcuni scugnizzi, fa coppia con Omero, l’altissimo regista Ciro Villano, sono inseguiti da due malviventi, un filosofo mancato dal linguaggio forbito che si accompagna con un “greve” delinquente. La doppia coppia in fuga si ritrova a Montecalvo Irpino, soltanto per un attimo Montecarlo. Il paese campano è colpito già da tre piaghe: il parroco don Vincenzo, che  si riprende da un misterioso male, con un temibile effetto collaterale: non riesce a non spifferare i segreti dei suoi fedeli confessati certi del segreto confessionale. La figlia di Omero, insieme con una bambola gonfiabile con parrucca a taglio lungo, compagne forzate di viaggio con il padre Omero e l’amante Felix, si innamora perdutamente del medico che ha in cura il sacerdote (Maurizio Mattioli) e con lui condivide lo spirito battagliero ambientalista, mentre tutti in paese litigano. La seconda piaga sta nell’investitura dei due fuggiaschi da parte del medico di controllare che il sacerdote se ne stia zitto e non sollevi scandali, mentre lui, la giovane e il chierichetto ritardato Simone combattono contro il sotterramento dei rifiuti nel territorio campano e italiano tutto, che il sacerdote spiffera a gran voce nel sonno. Perché proprio non ce la fa a a stare zitto. Fino all’ultima messa, quando spiffera il reato della giunta davanti a tutti i fedeli collusi e al sindaco corrotto, di cui aveva già sputtanato il figlio spacciatore.
Maronna de lu carmini.

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